Sono conosciuti per essere la start-up che "pulisce l'acqua" con i tappi di plastica riutilizzati. Citati da riviste e libri in tutta Europa, Eco-Sistemi dal 2013 realizza una nuova tipologia di macchine per depurare le acque reflue prodotte da processi industriali e dall'attività domestica. Il nome del depuratore è complicato – RCBR - Rotating Cell Biofilm Reactor – ma la tecnologia in sé è molto semplice da applicare e gestire. Si tratta di un sistema di reazione biologica, dove i batteri specializzati nella demolizione degli inquinanti organici presenti nelle acque sporche vengono fatti crescere in forma di biofilm (pellicola batterica attiva) su tappi di plastica di bottiglia derivati dalla filiera del riuso della plastica.
Grazie al supporto dell'incubatore green di Trentino Sviluppo, Progetto Manifattura, e dell'iniziativa Seed Money FESR, l'azienda ha già costruito una dozzina di impianti applicandoli in diversi contesti, come ai reflui domestici e alla produzione di birra, ma anche a situazioni di depurazione più complesse (produzione latte, frutta, olii esausti di ristorazione, reflui di conceria, percolati di discarica).
Dario Savini, Amministratore delegato della giovane azienda racconta: «Abbiamo inventato qualcosa di molto utile per il settore della depurazione, con una forte connotazione di circular economy e sappiamo che la nostra invenzione funziona e può migliorare il servizio pubblico. I nostri clienti privati hanno avuto modo di vedere all'opera le nostre macchine, con risultati superiori alle attese».
Per averne la certezza assoluta, Eco-Sistemi ha deciso di analizzare in dettaglio la tecnologia RCBR tramite un progetto dimostrativo a livello europeo, grazie all'ottenimento del primo posto (tra gli 86 progetti di innovazione presentati) del bando del progetto europeo Neptune - Blue Growth Accelerator, promosso dal Parco Tecnologico Padano di Lodi . La finalità sarà quella di analizzare in dettaglio tutti i parametri e dimostrare come il progetto "circular" sia molto più efficiente dei sistemi tradizionali. «In questo modo avremo qualche freccia in più al nostro arco per dimostrare attraverso una raccolta dati molto significativa e sistematica i vantaggi della tecnologia per l'acqua, che in Italia è un bene sempre più prezioso», continua Savini. Il progetto dimostrativo ha preso il via il 1 luglio 2017 e verrà realizzato in collaborazione con l'azienda di depurazione Ecotrust di Cluji Napoca (Romania). Un reattore RCBR tester verrà installato su reflui domestici e in particolare verrà studiato come utilizzare il nuovo processo per migliorare la qualità della depurazione effettuata da sistemi ormai antiquati e inefficienti di trattamento quali le fosse settiche o fosse Imhoff, ancora ampiamente utilizzati in tutta Europa per depurare le acque reflue urbane di tutte le piccole comunità che, per motivi geografici, non possono essere collegate alle fognature.
«Oggi bisogna trovare il modo di combattere la diffidenza di chi realizza servizi di depurazione per il pubblico, perché è in quest'ambito che RCBR, se applicato a larga scala, potrebbe veramente portare a un miglioramento della qualità della depurazione dell'ambiente e della vita dei cittadini, qualità che come sappiamo dai giornali non è sempre garantita a discapito delle risorse primarie del nostro Paese», dice Savini.
Il settore della depurazione è un settore peculiare. Per prima cosa non è necessaria la creazione di un nuovo bisogno, perché il bisogno di acqua pulita è un bisogno primario. In secondo luogo l'innovazione in questo settore è monopolio degli uffici tecnici preposti dalle grandi multinazionali dell'acqua. Questo spinge l'innovazione verso il raggiungimento di performance elevatissime a discapito della semplicità di gestione di queste nuove tecnologie, che sono sì sempre più performanti, ma applicabili solo alla grande depurazione, dove i costi di gestione e del necessario personale qualificato possono essere suddivisi tra migliaia di utenti. Dove non è possibile centralizzare rimangono solo i processi ideati all'inizio del '900, come le fosse Imhoff.
«Questo è lo spazio di azione di ECO-SISTEMI», continua Savini «Grazie al progetto Neptune e a un gruppo di ricerca internazionale più ampio avremo la possibilità di dimostrare in maniera inconfutabile l'efficienza del nostro sistema".
Il progetto si definisce "circular" poiché tonnellate di plastica prima destinate ai rifiuti possono essere riutilizzate per il nobile scopo di purificare le acque e restituirle pulite all'ambiente, secondo le normative vigenti del settore. Il sistema è compatto, modulare, a basso consumo di energia ed emissioni di CO2. Tutto è stato studiato secondo i canoni di sostenibilità e basso impatto ambientale, senza rinunciare alle elevate performance depurative e l'azienda sta investendo tutte le proprie risorse in ricerca e sviluppo per migliorare sempre più il prodotto in questi termini.
Italia e Romania partner del progetto, sono entrambe e per motivi differenti "pecore nere" della depurazione in Europa. L'Italia è stata condannata dalla corte di giustizia Europea per mancato adeguamento dei propri impianti di depurazione agli standard di qualità richiesti e in Romania più del 50% del territorio non possiede connessioni fognarie. Ora però non ci sono più scuse: il progetto di Eco-Sistemi potrebbe essere la soluzione definitva.
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