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domenica 31 gennaio 2016
WOIR: THE AVERAGE SURFACE TEMPERATURE OF THE PLANET WILL INCREASE THIS CENTURY BY 4-5 DEGREES CENTIGRADE
The World Organization for International Relations (WOIR) warns that without more significant actions there might be abrupt climate changes that would be very disruptive for society.
«The threshold may be reached in 2040: this year's decisions shape the next 24 years» claims Emilia Lordi-Jantus, Secretary-General of the World Organization for International Relations.
From melting polar ice caps to rising sea levels, the evidence is overwhelming: climate change is happening. "But the current environmental degradation and the consequent rising temperatures show us that there is also a strong and complex relationship between climate/environment and the social and economic stability" claims the World Organization for International Relations (WOIR).
Indeed, sustainable development and eradication of poverty are so intertwined with climate change, and increasingly behind conflicts that afflict the world there are deterioration of living conditions and lack of food availability caused by climate change and the reckless management of natural resources.
If people do nothing to minimize the impacts of climate change, the WOIR warns that the average surface temperature of the planet will probably increase this century by 4-5 degrees centigrade, and there might be abrupt climate changes that would be very disruptive for society. The sea level will rise further and many coastal cities will be flooded. Island states are likely to disappear.
"Action is needed now and it is absolutely crucial that we build public support for such a challenge: without more significant actions the threshold may be reached in 2040" claims Emilia Lordi-Jantus, Secretary-General of the World Organization for International Relations.
"No one country alone can solve the problem but we know that all together it is feasible. We must try harder and let governments know that people are worried and expect changes" said Emilia Lordi-Jantus, former staff member of the Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO) and former staff member of World Food Programme (WFP) as well as founding member of the World Organization for International Relations (WOIR) in 1978.
"This year's decisions shape the next 24 years. We must decarbonize the world's energy systems, we must stop deforestation completely, we must limit the sprawling growth of cities, and we must grow enough food to feed the growing population," ends up Emilia Lordi-Jantus.
WOIR AT A GLANCE
Founded in 1978 by initiative of Emilia Lordi-Jantus, former staff member of the Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO) and former staff member of the World Food Programme (WFP), the World Organization for International Relations (WOIR) is committed to promote and develop the International Relations worldwide and to maintaining world peace and security. The WOIR is an organization registered as international non-governmental organization (INGO) with the United Nations Department of Economical and Social Affairs. (Info: www.woirnet.org)
Ancora in aumento la temperatura della superficie terrestre: pericolo distruzione per l'intera società
WOIR: ENTRO LA FINE DI QUESTO SECOLO LA TEMPERATURA DELLA SUPERFICIE TERRESTRE SALIRÀ ANCORA DI 4-5 GRADI.
La World Organization for International Relations (WOIR) lancia l'allarme: se non saranno presto implementate azioni significative i cambiamenti climatici saranno una minaccia ancora più seria che potrebbe portare ad una disruzione per l'intera società.
«La soglia limite potrebbe già essere raggiunta nel 2040» puntualizza Emilia Lordi-Jantus, Segretario Generale della World Organization for International Relations.
Dal continuo crescente scioglimento delle calotte polari all'aumento costante del livello del mare, le prove sono schiaccianti: il cambiamento climatico è una realtà che sembra ormai essere inarrestabile. «Ma l'attuale degrado ambientale ed il conseguente aumento delle temperature ci mostrano che esiste anche una forte e complessa correlazione tra clima/ambiente e stabilità sociale ed economica» sostiene la World Organization for International Relations (WOIR).
In effetti, lo sviluppo sostenibile e l'eradicazione della povertà sono profondamente vincolati con il cambiamento climatico e sempre più spesso dietro ai conflitti che attanagliano il mondo vi è proprio il peggioramento delle condizioni di vita e della scarsa disponibilità alimentare causata dai cambiamenti climatici e dalla gestione sconsiderata delle risorse naturali.
Se non si farà molto di più per ridurre al minimo l'impatto dei cambiamenti climatici, avverte la WOIR, la temperatura media della superficie del pianeta aumenterà ancora di 4-5 gradi centigradi entro questo secolo e si verificheranno cambiamenti climatici violenti ed improvvisi che potrebbero essere disruttivi per l'intera la società. Il livello del mare si alzerà ulteriormente e molte città costiere si ritroveranno sommerse. Gli Stati insulari rischieranno di scomparire.
«È dunque necessario agire subito e per vincere questa sfida è assolutamente essenziale ottenere il più ampio sostegno pubblico: senza azioni più significative la soglia limite potrebbe già essere raggiunta nel 2040» afferma Emilia Lordi-Jantus, Segretario Generale della World Organization for International Relations, l'Organizzazione Mondiale per le Relazioni Internazionali.
«Nessun Paese da solo può risolvere questo problema, ma sappiamo che tutti insieme ce la possiamo fare. Dobbiamo sforzarci di più e far sì che i governi sappiano che l'intera società è preoccupata e si aspetta dei cambiamenti» aggiunge Emilia Lordi-Jantus, già funzionaria dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) e del Programma Alimentare Mondiale (WFP), nonché membro fondatore della World Organization for International Relations (WOIR) nel 1978.
«Le decisioni che verranno prese quest'anno condizioneranno indubbiamente i prossimi 24 anni. Dobbiamo assolutamente decarbonizzare i sistemi energetici mondiali, dobbiamo fermare completamente la deforestazione, dobbiamo limitare la crescita disorganizzata ed insostenibile delle città e dobbiamo produrre la quantità di cibo necessaria per nutrire una popolazione in continua crescita» conclude per Emilia Lordi-Jantus.
LA WOIR IN SINTESI
Fondata nel 1978 per iniziativa di Emilia Lordi-Jantus, già funzionaria dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) e del Programma Alimentare Mondiale (WFP), la World Organization for International Relations (WOIR) si prefigge di contribuire in maniera indipendente allo sviluppo e all'applicazione delle Relazioni Internazionali e di preservare così l'armonia nel mondo. La WOIR è un'organizzazione internazionale che si propone dunque di sostenere gli sforzi volti ad eliminare i motivi di conflitto tra le nazioni, promuovere la cooperazione internazionale ed operare al servizio della causa della pace e della difesa dei diritti umani. La WOIR è accreditata presso il Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite come organizzazione internazionale non governativa (OING). (Info: www.woirnet.org)
Energia, petrolio ed efficienza energetica
Da oltre un anno il prezzo del petrolio subisce pesanti cali a causa del crescente eccesso di offerta. «Una situazione sulla quale l'Opec non ha mostrato alcuna intenzione di reagire, perché sarebbe una manovra unilaterale che beneficerebbe gli altri produttori» spiegano gli esperti di Avvenia (www.avvenia.com),società leader nel campo della white economy, che per gli anni a venire prevede che i miglioramenti dell'efficienza energetica e il maggiore utilizzo dei combustibili a più basso contenuto di carbonio contribuiranno a dimezzare la quantità di emissioni di gas a effetto serra.
Alimentata dalla crescita demografica e dall'espansione economica, entro il 2050 la domanda globale di energia aumenterà del 50%. A metterlo in evidenza è Avvenia, pioniere nel campo della sostenibilità ambientale e dell'efficienza energetica.
«Ma il prezzo del petrolio continuerà a scendere negli anni a venire» sottolineano gli esperti di Avvenia, perché l'Opec da sola non metterà in campo manovre restrittive contro i cali del prezzo dell'oro nero.
Da oltre un anno il petrolio subisce infatti pesanti cali a causa del crescente eccesso di offerta proprio perché l'Opec non ha mostrato alcuna intenzione di reagire in virtù del fatto che sarebbe questa una manovra unilaterale che risulterebbe beneficiare gli altri produttori.
Allo stesso tempo Avvenia prevede che i miglioramenti dell'efficienza energetica ed il maggiore utilizzo dei combustibili a più basso contenuto di carbonio contribuiranno a dimezzare la carbon intensity dell'economia globale, ovvero la quantità di emissioni di gas a effetto serra.
Le analisi di Avvenia confermano la convinzione che per soddisfare la crescente domanda di energia saranno necessarie fonti diverse da quelle petrolifere.
«Certo, come ogni fenomeno economico o storico, anche il petrolio subisce, di norma sul lungo termine, andamenti ciclici che presentano crescita o decrescita del prezzo. Questo tipo di comportamento viene di solito studiato, al fine di pianificare ed attuare gli investimenti, delle grandi compagnie che lavorano nell'estrazione/distribuzione/
Ed ultimamente, osserva Avvenia, il petrolio ha rappresentato di per sé un fattore di rischio per queste compagnie costrette a gestire approvvigionamenti indicizzati in base al prezzo del greggio e non sempre in grado di adeguare il prezzo di vendita agli hub continentali per via di una forte depressione dei consumi ovvero della domanda.
«Volendo quindi allargare il focus di quanto affermiamo, ovvero l'irrazionalità dell'andamento dei prezzi del greggio, legato oramai da anni a pura speculazione economica o finanziaria e che in quanto tale come tale rischia di fare la fine dei titoli subprime, è un tipo di fenomeno che ha radici piantante ben indietro nel tempo» aggiunge l'ingegnere Giovanni Campaniello.
«Abbiamo assistito ad una crescita quasi forsennata del prezzo del petrolio al barile in un momento in cui l'economia ristagnava e la domanda diminuiva. Al contempo le stesse grandi società hanno rivisto i propri piani di investimenti in opere di ingegneria e costruzioni; questo settore, però, è corso dai tempi ai ripari per ridurre la propria vulnerabilità a queste dinamiche. Ed a questo tipo di soluzione dovrebbe giungere tutto il settore industriale ed economico rendendosi sempre più indipendente dall'andamento del costo delle materie prime» conclude l'ingegnere Giovanni Campaniello.
A giovare dei prezzi alti del greggio, osservano gli analisti di Avvenia, sono state sicuramente nazioni come Russia (70% del loro export si basa su gas e petrolio), Arabia Saudita e anche gli Stati Uniti con i forti e rapidi investimenti nel settore delle estrazioni.
Cosa ha portato al crollo del prezzo del petrolio che dal luglio del 2014 è sceso del 70%? Secondo Avvenia diversi fattori ne sono all'origine. La geopolitica di un tempo sembra essere drasticamente cambiata; neanche un decennio fa sarebbe bastata un folata di venti di guerra per veder salire il prezzo del petrolio al barile.
Oggi, invece, con un panorama Medio Orientale e Nord Africano dilaniato da guerre civili e religiose, i continui attentati a raffinerie e ai punti nodali di distribuzione e di stoccaggio, nonché i continui furti e la nascita di un vero e proprio mercato nero su cui oggi si vende a 20 dollari al barile contro i 30 dollari di quando costava 60 dollari sui listini ufficiali, sembrano non contare più nulla. E L'Opec stessa che riunisce i 13 maggiori Paesi estrattori di greggio non riesce a stabilire una politica sui numeri che riguardano le quantità da immettere sul mercato.
Secondo Avvenia lo scontro, l'Islam sunnita di Riad e quello sciita di Teheran, è la vera ragione di quanto sta accadendo. Il percorso intrapreso dall'Iran nei confronti delle istituzioni internazionali per favorire la soppressione delle sanzioni economiche ha aperto a nuovi scenari in cui gli schemi della geopolitica tradizionale sono saltati. É in gioco un predominio sull'area, è in gioco il nome di chi deciderà cosa sarà del prezzo del petrolio di qui sino al suo prossimo esaurimento, nonostante di per sé l'Arabia Saudita rappresenti solo il 13% delle riserve mondiali.
Non basta neanche la guerra che i Sauditi hanno dichiarato alle società che pensavano di sfruttare il fracking per immettere nuovo gas e petrolio "non convenzionale" sui mercati, anche Europei, a giustificare questi prezzi. Già con una prima riduzione del 30% dei prezzi in dollari al barile i creditori stavano chiudendo i rubinetti e le linee di credito a queste compagnie oramai prossime al fallimento perché i prezzi di vendita non ripagano i costi operativi, nonostante gli States abbiano duramente difeso la loro politica industriale nel settore pompando barili su barili ogni giorno: 11,6 milioni circa contro gli 11,5 dell'Arabia Saudita e i 10,8 della Russia. E l'Iran promette di introdurre altri 10 milioni di barili al giorno con un costo di produzione dichiarato di 10 dollari al barile.
E la Russia? La Russia è un Paese che fino al 2007 ha conosciuto un tasso di crescita del PIL dell'8% mettendosi in coda ad altre superpotenze economiche come la Cina. Il suo ruolo strategico, soprattutto in campo energetico, è stata quasi la chiave della sua enorme espansione. Ma si è trovata però ben presto in una congiuntura davvero sfavorevole, partita con la difficile posizione in cui si è posta nei confronti dell'Europa sulla questione "Ucraina". La crescita si sa, si fa anche e soprattutto nel privato con aziende che si indebitano per investire, in questo caso in valuta estera. Così, crisi diplomatiche, sanzioni e prezzi ridicoli del petrolio, stanno mettendo in ginocchio un colosso che viene più volte accusato di aver riacceso la "guerra fredda", con una moneta sempre più debole ed un export dai volumi economici drasticamente ridotti. E l'asse con Teheran sarà fondamentale nonostante il ribasso dei prezzi non favorisca assolutamente Mosca.
Cosa ci aspettiamo per il futuro? Ripartiamo dalla causa di base. Il prezzo del petrolio è quasi uno specchio della guerra geopolitica tra Iran e Arabia Saudita, ovvero la guerra nell'Islam. Non solo però: le sanzioni imposte all'Iran nel 2011 hanno permesso all'Arabia Saudita di conquistare un vantaggio strategico nel muovere sui mercati asiatici. Vantaggio che ora rischiano di perdere.
Negli Anni '80, ultimo caso in cui si ricorda una crisi del genere, gli Arabi non furono in grado di frenare la caduta dei prezzi ed alla fine ci rinunciarono, vedendolo arrivare a 10 dollari al barile, ed affidandosi alla speranza nella ciclicità degli eventi. Non c'era questo Iran però.
Sappiamo che fino a 25 dollari al barile gli Arabi potrebbero continuare ad estrarre senza però poter pianificare ulteriori iniziative o investimenti erodendo comunque le loro riserve. Sappiamo anche che, nonostante i bassi costi di estrazione, il prezzo di equilibrio del petrolio al barile Saudita è di 95 dollari al barile mentre per quello Iraniano è 70 dollari circa, quindi decisamente più basso. Ecco perché l'Iran spaventa così tanto.
D'altro canto l'Arabia Saudita può contare su 3 anni di riserve mentre l'Iran rimarrebbe a secco dopo soli 20 mesi, nonostante sia la quarta riserva mondiale. E quanto registrato negli ultimi 2 giorni di borsa della scorsa settimana è sicuramente un fenomeno di speculazione finanziaria che ancora di più, nella confusa situazione, mette in luce come lo spettro di una bolla sia vicino.
Le compagnie petrolifere hanno iniziato ad emettere obbligazioni ad altro rendimento, tipicamente quindi ad altro rischio e potenzialmente spazzatura, che sono il pane quotidiano di esperti e professionisti speculatori, delle quali il 50% è già deteriorato.
La domanda globale sale ed i prezzi crollano mentre la produzione viene mantenuta costante e rischia di essere aumentata dall'Iran: ciò che ci aspettiamo è una discesa dei prezzi sino ai 20 dollari al barile, soprattutto in questa fase iniziale di uscita di Teheran dal periodo di sanzioni con una potenziale immissione in blocco di milioni di barili di petrolio sul mercato. Politiche più assennate potrebbero poi riportarlo nel terzo e quarto trimestre 2016 intorno ai 50 dollari al barile.
Secondo Avvenia, infine, gli investimenti, a causa dei bassi margini di profitto, tendono a ridursi e quindi anche il volano economico legato al petrolio rallenta, perché il break-even è lontano dagli attuali prezzi, volendo anche considerare un prezzo medio negli ultimi mesi di 50-60 dollari al barile.
Nel frattempo le grandi compagnie stoccano il petrolio in alto mare in navi cisterna per attendere prezzi agli hub europei ancora più alti e marginalizzare di più nella fase di iniziale controtendenza (rialzo), non bastassero gli attuali di margini di guadagno.
Lo spettro per tutti i Paesi è quello di una deflazione dei prezzi con un rallentamento della crescita. Questo perché purtroppo ancora oggi la crescita di quasi tutte le economie di Stato risente delle dinamiche dei mercati energetici da cui dichiarano di volersene rendere indipendenti ma da cui non si staccano a causa dei forti gettiti fiscali e qui si veda il caso dell'Italia in particolare.
L'efficienza energetica concludono gli analisti di Avvenia è quindi l'unica vera possibilità di cambiare tale situazione facendo leva su di una riduzione del fabbisogno energetico a parità di produzione.
Corso Ferpi in Comunicazione ambientale e Comunicazione sostenibile. Milano, 5 febbraio 2016
Maria Grazia Persico, Consulente e advisor di comunicazione, MGP&Partners
Federico Rossi, Consulente aziendale, socio fondatore di Sintesi Comunicazione
RELATIVITÀ E TECNOLOGIA NELLA NUOVA ENERGIA IDROELETTRICA.
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sabato 30 gennaio 2016
Città Umbre malate di smog. Dossier Mal'Aria di Legambiente
Mal'aria di città 2016, presentato il dossier di Legambiente sull'inquinamento atmosferico e acustico nei centri urbani
Legambiente Umbria: per contrastare lo smog serve una strategia nazionale per la qualità dell'aria e un piano per la mobilità nuova
E' stato presentato ieri Il 2015 Mal'aria di città 2016, il dossier di Legambiente sull'inquinamento atmosferico e acustico nei centri urbani, dal quale emerge un quadro preoccupante della qualità dell'aria nelle città italiane. Delle 90 città monitorate da Legambiente, nel 2015 ben 48 (il 53%), hanno superato il limite dei 35 giorni di sforamento consentiti di Pm10. Situazione critica in Pianura Padana, ma anche nelle grandi e piccole città dell'intera Penisola Maglia nera a Frosinone Scalo con 115 sforamenti
In Umbria
Anche in Umbria un anno da "codice rosso", segnato da un'emergenza smog sempre più cronica, non solo Perugia e Terni, i due capoluoghi di Provincia sotto la lente del dossier Mal'aria 2016 di Legambiente che prende in analisi solo i capoluoghi di provincia che hanno superato il limite di sforamento consentiti di Pm10 con 69 sforamenti di Terni Le Grazie e i 36 di Perugia Ponte San Giovanni, ma anche 37 di Foligno Porta Romana, 62 di Terni Borgo Rivo, 52 di Terni Carrara e i 38 di Narni Scalo. Una situazione cronica e conosciuta da anni, confermata dal confronto dei dati degli ultimi anni e da quelli di questo primo mese del 2016. Infatti Perugia Ponte San Giovanni al 29 gennaio 2016 è già arrivata a 10 superamenti del limite, così come Foligno Porta Romana e Narni Scalo, Terni Borgo Rivo a 13, Terni Carrara a 11 e Terni le Grazie a 15.
Cause ed effetti
I contributi principali a livello nazionale all'inquinamento dell'aria derivano, per i macroinquinanti, dai trasporti stradali (che contribuiscono al 49% delle emissioni di ossidi di azoto, al 12% del PM10, al 22% del monossido di carbonio e al 44% del benzene), dal riscaldamento domestico (che contribuisce da solo al 59% del PM10 primario e del monossido di carbonio, all'11% degli ossidi di azoto) e dal settore industriale ed energetico (75% degli ossidi di zolfo, 17% degli ossidi di azoto e 11% del PM10). Numeri che si trasformano in rilevanti impatti sulla salute: ogni anno l'inquinamento dell'aria causa oltre 400.000 morti premature nei paesi dell'Unione Europea. Fra questi, l'Italia ha uno dei peggiori bilanci in Europa: la Penisola detiene il record di morti per smog con 59.500 decessi prematuri per il Pm2,5 – 3.300 per l'Ozono e 21.600 per gli NOx nel solo 2012 (Dati Agenzia Europea dell'ambiente). Danni alla salute che si traducono in costi economici dovuti alle cure sanitarie, che nella Penisola si stimano tra i 47 e 142 miliardi l'anno (dati riferiti al 2010). Ci sono poi i danni economici legati al mancato rispetto delle norme italiane ed europee sulla qualità dell'aria. Sono due le procedure d'infrazione contro il Belpaese, entrambe nella fase di messa in mora. La prima, la 2014_2047, avviata nel luglio 2014 riguarda la "cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e il superamento dei valori limite di PM10 in Italia"; mentre la seconda, la 2015_2043, avviata nel maggio 2015 riguarda "l'applicazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell'aria ambiente ed in particolare obbligo di rispettare i livelli di biossido di azoto (NO2)".
Le proposte di Legambiente
"I dati dimostrano che le timide misure adottate dai comuni umbri non sono efficaci - commenta Maurizio Zara Vicepresidente di Legambiente Umbria - E' indispensabile un cambio di di passo nelle politiche della mobilità sostenibile, potenziando il trasporto sul ferro, l'uso dei mezzi pubblici e la mobilità nuova, e rendere così le auto l'ultima delle soluzioni possibili per gli spostamenti dei cittadini. Oggi in Umbria si continua ad avere il record per numero di auto per abitante, 70 ogni 100 contro una media nazionale già alta di 65 e europea di 48 circa, con un tasso di motorizzazione addirittura in crescita negli ultimi anni. Il trasporto privato continua ad essere in Umbria la modalità più diffusa per muoversi verso le città e al loro interno. Solo invertendo questa tendenza e garantendo un trasporto pubblico efficace e competitivo si possono restituire ai cittadini una migliore qualità dell'aria e della vita".
Tra le altre proposte che Legambiente Umbria rilancia a Regioni e amministrazioni locali, per liberare le città dallo smog e renderle più vivibili ci sono: quella di incrementare il trasporto su ferro con i treni per i pendolari; incentivare la mobilità sostenibile attraverso, strade per la ciclabilità urbana, realizzando un primo pacchetto di nuove corsie ciclabili all'interno dell'area urbana. Limitare la circolazione in ambito urbano dei veicoli più inquinanti (auto e camion) sul modello di Parigi. Ed ancora prevedere, con una disposizione nazionale, l'estensione del modello dell'Area C milanese a tutte le grandi città con una differente politica tariffaria sulla sosta, i cui ricavi siano interamente vincolati all'efficientamento del trasporto pubblico locale. Fermare i sussidi all'autotrasporto per migliorare il TPL. (Nella legge di stabilità 2016 i sussidi all'autotrasporto sono 3miliardi di esonero dall'accisa e 250milioni di sconti su pedaggi autostradali). Vietare l'uso di combustibili fossili, con esclusione del metano, nel riscaldamento degli edifici a partire dalla prossima stagione di riscaldamento. Ridurre l'inquinamento industriale applicando autorizzazioni integrate ambientali (AIA) stringenti e rendere il sistema del controllo pubblico più efficace con l'approvazione della legge sul sistema delle Agenzie regionali protezione ambiente ferma al Senato da oltre un anno. Infine servono nuovi controlli sulle emissioni reali delle auto.
PM10 ti tengo d'occhio 2015: la classifica dei capoluoghi di provincia che hanno superato con almeno una centralina urbana la soglia limite di polveri sottili in un anno; il Dlgs 155/2010 prevede un numero massimo di 35 giorni/anno con concentrazioni superiori a 50 μg/m3.
n° | Capoluogo di Provincia (centralina peggiore) | Giorni di superamento 2015 | n° | Capoluogo di Provincia (centralina peggiore) | Giorni di superamento 2015 |
1 | Frosinone (Scalo) | 115 | 25 | Roma (Cinecittà) | 65 |
2 | Pavia (Piazza Minerva) | 114 | 26 | Verona (Borgo Milano) | 65 |
3 | Vicenza (Quartiere Italia) | 110 | 27 | Como (Viale Cattaneo) | 64 |
4 | Milano (Senato) | 101 | 28 | Piacenza (Giordani - Farnese) | 61 |
5 | Torino (Rebaudengo) | 99 | 29 | Rimini (Flaminia) | 59 |
6 | Asti (Baussano) | 92 | 30 | Caserta (Scuola De Amicis) | 58 |
7 | Cremona (via Fatebenefratelli) | 92 | 31 | Ferrara (Isonzo) | 55 |
8 | Venezia (Mestre-Via Beccaria) | 91 | 32 | Modena (Giardini) | 55 |
9 | Lodi (Viale Vignati) | 90 | 33 | Lucca (Micheletto) | 52 |
10 | Monza (via Machiavelli) | 88 | 34 | Avellino (Scuola V Circolo) | 50 |
11 | Padova (Mandria) | 88 | 35 | Pescara (Via Sacco) | 50 |
12 | Treviso (Via Lancieri di Novara) | 85 | 36 | Novara (Verdi) | 47 |
13 | Alessandria (D'Annunzio) | 84 | 37 | Biella (Lamarmora) | 46 |
14 | Brescia (Villaggio Sereno) | 84 | 38 | Pesaro (Via Scarpellini) | 45 |
15 | Vercelli (Gastaldi) | 82 | 39 | Pordenone (Centro) | 44 |
16 | Bergamo (via Garibaldi) | 80 | 40 | Ravenna (Caorle) | 42 |
17 | Mantova (Tridolino) | 80 | 41 | Varese (Via Copelli) | 41 |
18 | Napoli (Via Argine) | 75 | 42 | Prato (Roma) | 40 |
19 | Rovigo (Centro) | 75 | 43 | Salerno (Osp. Via Vernieri) | 39 |
20 | Benevento (Via Floria) | 74 | 44 | Bologna (P.ta S. Felice) | 38 |
21 | Palermo (Di Blasi) | 69 | 45 | Genova (C.so Europa) | 37 |
22 | Terni (Le Grazie) | 69 | 46 | Forlì (Roma) | 36 |
23 | Parma (Montebello) | 67 | 47 | Perugia (P.te San Giovanni) | 36 |
24 | Reggio Emilia (Timavo) | 67 | 48 | Trieste (Stazione Via Svevo) | 36 |
Fonte: elaborazione Legambiente su dati Arpa o Regioni
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