La ricerca internazionale, guidata dalla Statale e pubblicata su ISME Journal, è stata condotta nella morena del ghiacciaio Midtre Lovénbreen alle isole Svalbard.
Milano, 24 gennaio 2018 - Un team internazionale di ricercatori, guidato da Francesca Mapelli, Sara Borin e Daniele Daffonchio dell’Università di Milano, ha studiato l’effetto del processo di formazione del suolo sull’evoluzione del microbioma del sistema radicale di piante pioniere, essenziale per il sostentamento e la vegetazione di sistemi desertici.
Il team di ricerca ha sfruttato le caratteristiche naturali della morena di deglaciazione del Midtre Lovénbreen, un ghiacciaio artico alle isole Svalbard (Norvegia).
Attraverso lo studio di una cronosequenza nella morena del ghiacciaio, cioè una sequenza di siti rilasciati dai ghiacci in tempi successivi e precisamente datati (da 8 a più di 1900 anni), i ricercatori hanno ricostruito l’evoluzione della composizione del microbiota associato alla pianta pioniera Saxifraga oppositifolia in funzione dello stato di sviluppo del suolo.
I risultati hanno dimostrato che durante lo sviluppo dell’ecosistema la composizione della comunità batterica del suolo cambia, aumentando di complessità e diversità, in relazione al mutare delle caratteristiche chimico fisiche, che vanno da un substrato minerale ai primi stadi di sviluppo ad un suolo maturo e fertile agli ultimi stadi.
Questo effetto è visibile anche nel sistema radicale delle piante pioniere colonizzatrici della cronosequenza.
L’ambiente radicale ha una importante influenza sui microrganismi del suolo, attori principali del processo di maturazione del suolo.
Negli ecosistemi convenzionali si ritiene quindi che le piante abbiano un ruolo prioritario nel condizionare i microrganismi del suolo e di conseguenza nel mantenimento della sua fertilità.
I risultati di questo lavoro hanno invece dimostrato come nei suoli in via di formazione l’influenza della pianta sui microrganismi sia completata da quella esercitata dallo stadio di sviluppo del suolo e dell’ecosistema suolo-pianta.
“L’ambiente polare studiato – afferma Francesca Mapelli, primo autore dello studio – è un deserto freddo con caratteristiche analoghe a quelle dei deserti caldi, dove avviene il fenomeno inverso rispetto a quello descritto di sviluppo dell’ecosistema, cioè la sua degradazione in conseguenza ai processi di desertificazione. I risultati di questo studio possono pertanto essere la base per l’interpretazione dei fenomeni legati al degrado degli ecosistemi, finalizzata allo sviluppo di approcci di mitigazione”.
Link:
https://www.nature.com/articles/s41396-017-0026-4
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