Riuniti a Quito, la capitale dell' Ecuador, sotto l'egida dell'Onu, i rappresentati dei vari stati hanno stilato la nuova agenda urbana, che detta tutta una serie di azioni per ripensare la pianificazione delle città e, quindi, ciò che andrebbe fatto sul fronte ambientale, sociale, economico e culturale, nella speranza che poi effettivamente si realizzi.
"Organismo vivente complesso": si parla sempre più in questi termini per descrivere le nostre metropoli, fino a poco tempo fa progettate e gestite come un set cinematografico piuttosto che come un ecosistema centrato su un giusto equilibrio tra risorse naturali e umane.
Come sarà il loro volto nel prossimo futuro?
Proprio nelle settimane scorse si è tenuta Habitat III, la conferenza delle Nazioni Unite sugli insediamenti umani e lo sviluppo urbano sostenibile.
Non c'è dubbio che il pensiero comune vorrebbe contesti urbani più inclusivi, più verdi, più sicuri e prosperi.
E sempre più persone sarebbero orientate verso stili di vita sostenibili, privilegiando l'uso di mezzi pubblici (se solo fossero un tantino efficienti) e della bicicletta (se aumentassero le piste ciclabili), ben disposti a indossare i guanti e coltivare l'insalata nel proprio orto condominiale dove magari installare un piccolo impianto di produzione di energia solare (al netto di una minore burocrazia).
Da oltre un decennio parliamo di smart city: ma in Italia effettivamente a che punto siamo?
Secondo una recente indagine, ICityRate 2016, che ha analizzato 106 Comuni capoluogo sulla base di 105 indicatori statistici, c'è una forbice molto ampia tra il nord e il sud del nostro Belpaese, dove il secondo sembra vivere ancora isolato, non riuscendo a innescare meccanismi virtuosi di sviluppo.
Il nuovo paradigma sta spostando l'accento dall'innovazione tecnologica all'innovazione sociale e alla gestione dei beni comuni: Milano, sempre più internazionale e fungendo da hub per il territorio circostante con le tante piattaforme abilitanti, si conferma al primo posto nella classifica; seguono Bologna e Venezia, mentre Roma si ferma alla 21esima posizione, sempre più lontana dalle dinamiche economiche nazionali.
Bisognerà investire su un modello che sposti l'asse della strategia di sviluppo verso forme di economia più collaborativa e social innovation anche attraverso la concessione di spazi, il sostegno economico a progetti, la creazione di reti di innovatori. Sarà fondamentale avere una visione strategica più illuminata e lungimirante rispetto al passato, e fare "sistema" tra istituzioni, imprese e cittadini.
MASSIMILIANO PONTILLO
giornalista e comunicatore
www.CorrieredelWeb.it
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