Giornata Mondiale dell'Acqua (22 marzo): Bestack sostiene la ricerca per ridurre l'impronta idrica del comparto cartone ondulato
Il consorzio non profit di ricerca dei produttori di cassette in cartone ondulato per ortofrutta ha promosso uno studio condotto dal Politecnico di Milano che dimostra come il comparto sia uno dei più sostenibili nella filiera del packaging: la produzione di una cassetta "costa" solo 8 litri.
E il cartone ondulato è una risorsa rinnovabile, perché per produrlo crescono le foreste (per ogni albero tagliato ne vengono piantati 3)
Forlì, 18 marzo 2015
Domenica 22 marzo si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale dell'Acqua, ricorrenza istituita nel 1992 dalle Nazioni Unite come occasione di riflessione e di sensibilizzazione di cittadini e istituzioni sull'importanza di questa risorsa e sulle criticità che riguardano il suo consumo: si pensi che in media, ogni anno, esauriamo indirettamente, solamente mangiando, vestendoci e comprando merce, 1385 metri cubi d'acqua, l'equivalente di 8650 vasche da bagno piene. E in Italia, secondo i dati del WWF, l'impronta idrica media di ogni individuo raggiunge valori ancora più alti, è di 2.303 metri cubi annui.
"Quando si parla di consumo idrico, non bisogna pensare solo al consumo personale, ma anche alle altre attività umane che sfruttano l'acqua – dichiara Claudio dall'Agata, direttore del consorzio nazionale Bestack, ente non profit di ricerca che riunisce i produttori italiani di cassette in cartone ondulato per ortofrutta - Ad esempio, parlando del nostro settore, che è quello del packaging, per produrre un foglio di carta servono 10 litri d'acqua, mentre si usano ben 91 litri per generare 500 grammi di plastica".
Ogni processo produttivo, infatti, ha una sua Water Footprint: il comparto italiano del cartone ondulato è da anni impegnato nella ricerca e nell'innovazione per migliorare la sostenibilità e l'efficienza della propria filiera. Lo confermano anche i dati di uno studio condotto da Assocarta, che ha misurato l'impronta idrica delle aziende italiane che producono cartone ondulato in generale (fogli o in casse): lo studio evidenzia che, dagli anni '70 ad oggi, questa si è ridotta dei tre quarti.
Un ulteriore studio promosso da Bestack e condotto dal Politecnico di Milano è andato a misurare, nello specifico, la Water Footprint delle aziende che producono cassette in cartone ondulato per ortofrutta. Dallo studio è emerso che per produrre un imballaggio si consumano 8 litri di acqua: un dato marginale, se si considera quanto pesa l'impronta idrica che ogni individuo ha quotidianamente sul pianeta solo mangiando, vestendosi e lavandosi: basti pensare che solo facendo una doccia di 5 minuti si sono già consumati dai 75 ai 90 litri di acqua.
Scendendo nello specifico, la Water Footprint di un imballaggio in cartone ondulato per ortofrutta si divide fra diretta e indiretta: quella diretta è quella legata al processo di trasformazione da cartone in fogli a cassetta, e ha un'impronta pari, appunto, a 8 litri a imballaggio.
La water footprint indiretta, invece, è legata al consumo di acqua dolce per la selvicoltura e la produzione di materia prima vergine (carta).
Nel caso del cartone ondulato, l'impronta ambientale del comparto va considerata in termini positivi, per le peculiarità stesse di questa filiera: le aziende italiane che producono cartone ondulato, infatti, fanno ricorso a materia prima vergine proveniente da foreste gestite in modo sostenibile, dove per ogni albero tagliato ne vengono piantati tre. Ciò significa che crescono i boschi e le foreste, e non solo. Gli alberi più giovani introdotti nel sistema hanno processi di fotosintesi più accelerati e quindi sono in grado di assorbire dall'atmosfera una maggiore quantità di CO2. Gli imballaggi in cartone ondulato, quindi, permettono non solo di rispettare l'ambiente, ma anche di rinnovarlo.
Inoltre nella definizione di impronta idrica è fondamentale la localizzazione geografica dei punti di captazione della risorsa: nel caso della carta, essa proviene dalle foreste della Scandinavia, un Paese molto ricco dal punto di vista idrogeologico (in proporzione relativa, sarebbe molto più impattante la produzione di un bene in un Paese caratterizzato da scarse riserve di acqua).
"Anche le scelte alimentari sono un fattore decisivo nella definizione della Water Footprint - conclude il direttore di Bestack Claudio Dall'Agata -Uno studio Barilla evidenzia infatti che l'impronta idrica di un vegetariano corrisponde a 1.500/2.600 litri di acqua al giorno, contro i 3.000/5.000 litri di una persona con un'alimentazione a base di carne (il motivo di questa disparità risiede nel fatto che la filiera della carne e dei derivati richiede una quantità maggiore di acqua, soprattutto per produrre foraggio). È quindi molto più vantaggioso, dal punto di vista delle risorse idriche, mangiare frutta e verdura. Se poi l'imballaggio che le conserva è in cartone ondulato, ecco allora che il vantaggio in termini di sostenibilità ambientale è doppio: si consuma un alimento a minore impatto idrico rispetto ai cibi di origine animale, conservato in una confezione eco-friendly, riciclabile e rinnovabile, la cui produzione ha un'impronta idrica contenuta".
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