Senza il biodiesel, sarebbe impossibile immaginare un futuro senza carburanti fossili e l'economia, non soltanto nazionale, perderebbe un importante fonte di reddito.
A pochi giorni dall'appello contro la riduzione dei dazi nei confronti del biodiesel argentino, ASSITOL, l'Associazione italiana dell'industria olearia, sottolinea l'importanza del biocombustibile per costruire un futuro energetico con costi minori per l'uomo e per l'ambiente.
"Di buoni motivi per puntare sul biodiesel ce ne sono tanti – spiega Alistair Fraser, presidente del Gruppo Biodiesel dell'associazione – a cominciare dalla sua origine vegetale, per finire al risparmio in termini di costi ed energia".
Dalle colture di semi oleosi nasce una filiera virtuosa che, partendo dalla produzione agroalimentare, arriva fino a quella di energia. Le farine proteiche sono l'ingrediente base della nostra mangimistica e sostengono le eccellenze alimentari nel settore lattiero-caseario e delle carni, mentre la parte oleosa dei semi è destinata sia alla produzione di oli alimentari sia a quella energetica.
"Il nostro settore vive grazie al suo legame con l'agricoltura – ammette il presidente degli imprenditori del biodiesel - Per la loro produzione le nostre aziende utilizzano oli vegetali come soia, colza e girasole, ma anche grassi animali e persino oli di frittura esausti, in un'ottica di riuso e riciclo, delineando così un importante modello di economia circolare".
Per gli agricoltori, tutto questo rappresenta un introito supplementare. Lo sviluppo del biodiesel contribuisce anche a combattere il fenomeno dell'abbandono delle aree coltivate: in base ai dati dell'Unione Europea, ogni anno il numero di terre lasciate incolte aumenta di 200mila ettari.
Anche se esausti, gli oli possono poi essere riciclati per la produzione del biodiesel, trasformando così un rifiuto in risorsa. "E' il caso di dire che del seme oleoso non si butta via nulla – commenta il presidente del Gruppo Biodiesel – ma che, al contrario, si riutilizza tutto, in un circolo virtuoso e continuo che avvantaggia agricoltori, industria e cittadini".
E' la necessità di "decarbonizzare" il nostro sistema energetico, soprattutto nei trasporti, a tracciare la strada verso un impiego sempre maggiore del biodiesel. "La mobilità, per sua natura, richiede molto energia e produce emissioni nocive – osserva Fraser – ecco perché i biocarburanti, che hanno un impatto ambientale molto ridotto, rappresentano una soluzione vantaggiosa".
Parecchi studi, europei ed americani, hanno dimostrato da tempo che l'impiego del biodiesel determina una riduzione di anidride carbonica del 65% rispetto al diesel convenzionale, oltre che un forte calo di altre emissioni dannose per la nostra salute, come lo zolfo e le polveri sottili, in particolare le famigerate PMI10 e le PM2,5, che provocano l'inquinamento urbano e causano problemi all'organismo umano. Inoltre, il motore a diesel sfrutta più del 50% del potere energetico del carburante, mentre quello a scoppio non arriva al 30%.
"La prima generazione di biocarburanti, estratti da semi oleosi – ricorda il presidente Fraser - ha già portato un calo delle emissioni nel trasporto su strada pari al 35%, ed entro il 2017, la riduzione di queste stesse emissioni arriverà al 50%. Un risultato così significativo deve far riflettere Bruxelles, chiamata nei prossimi giorni a discutere della nuova 'Red II', la Direttiva sull'energia rinnovabile".
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