La divulgazione delle informazioni relative ai rischi finanziari legati al clima fornisce a investitori, assicuratori e altre parti interessate, informazioni utili per analizzare e valutare i rischi e le opportunità legati al clima, e quindi sostenere le decisioni di allocazione di capitale.
Sono quattro le aree chiave delle attività delle imprese che sono influenzate da questa crescente domanda: organizzazione della governance; strategia e pianificazione finanziaria; gestione dei rischi; obiettivi da raggiungere e sistemi di misurazione dei risultati.
Questo dovrebbe essere un forte stimolo a integrare il tema della resilienza al clima già nella strategia e pianificazione finanziaria; nonché il considerare diversi scenari climatici già nella fase di definizione delle strategie.
Tuttavia queste raccomandazioni e la tendenza in atto di forte domanda di informazioni sui rischi finanziari relative al cambiamento climatico non sembrano essere rispecchiate nelle strategie, nelle tattiche e nelle azioni del mondo imprenditoriale.
Proprio in questo ambito, DNV GL, ente internazionale di certificazione, ha recentemente effettuato un'indagine presso il proprio bacino di imprese clienti volto a esplorare lo stato dell'arte e le previsioni future sul tema dell'adattamento e della resilienza ai cambiamenti climatici da parte del mondo delle imprese, coinvolgendone migliaia nel mondo.
Lo studio, condotto in collaborazione con l'istituto di ricerca GFK, ha evidenziato come le aziende su scala globale siano ancora impreparate ad affrontare la problematica.
I cambiamenti climatici non sono un fenomeno ipotetico che appartiene a un futuro remoto, ma un evento attuale e imprevedibile con cui tutti dobbiamo imparare a convivere da subito, aziende in primis.
Per quanto concerne l'Italia, il recente rapporto emesso dall'Agenzia Ambientale Europea (AEA), per il periodo 1980-2016, "Climate change adaptation and disaster risk reduction in Europe — enhancing coherence of the knowledge base, policies and practices", rivela quanto la nostra nazione non sia ben posizionata verso i maggiori rischi generati dal climate change.
Secondo il report, infatti, tra i 28 Stati membri dell'UE, l'Italia ha vissuto il più grande danno economico derivante da pericoli naturali nel periodo 1980-2016. In questo periodo, la AEA calcola che l'Italia ha subito danni per 64,9 miliardi di euro a causa di eventi climatici estremi. Tra i 33 Paesi dello spazio economico europeo (SEE), la Penisola è, inoltre, il secondo paese per numero di vittime, più di 20mila, dopo la Francia (23mila).
Nonostante questa conclamata e forte esposizione al rischio climatico, dalla indagine ViewPoint di DNV GL su adattamento e resilienza delle imprese al climate change emerge, tuttavia, che il settore privato in Italia (circa il 40% del campione globale dell'indagine) sembra ancora sottovalutare questi rischi e la loro ripercussione sulle attività.
INTERNAZIONALE
Climate change: imprese ancora impreparate Secondo una recente indagine DNV GL, le aziende sono ancora impreparate ad adattarsi ai cambiamenti climatici nonostante l'esposizione a rischi meteorologici estremi.
Un nuovo sondaggio internazionale condotto da DNV GL, ente di certificazione leader a livello mondiale, con il supporto di GFK Eurisko, indaga se e in quale misura le aziende siano resilienti ai cambiamenti climatici.
Lo studio ha coinvolto più di 1.200 professionisti provenienti da Europa, Asia e America.
"Le aziende hanno già evidenza degli impatti generati dai cambiamenti climatici sulle proprie operazioni o riconoscono che vi sia un alto rischio di conseguenze imminenti. Nonostante ciò, si registra una mancanza di proattività, con solo una minoranza di imprese che sta portando avanti iniziative che mirano all'adattamento o ad aumentare la resilienza. Stanno sottovalutando quanto possano essere dirompenti gli impatti e quanto sia urgente affrontare questo problema?" è la domanda che pone Luca Crisciotti, CEO di DNV GL - Business Assurance.
Quasi tutte le imprese coinvolte nel sondaggio hanno menzionato almeno un rischio legato al clima che ritengono potrà avere un impatto diretto o indiretto sulla propria attività. Le maggiori preoccupazioni sono legate agli aumenti di temperatura/ondate di calore (55%), alle tempeste (44%) e alle alluvioni (38%).
Le preoccupazioni variano in base alla collocazione geografica. Ad esempio, in America Centrale e Meridionale e in Europa, 6 aziende su 10 indicano l'aumento delle temperature e le ondate di calore come rischio predominante, mentre 6 su 10 in Nord America vedono nelle tempeste la minaccia principale.
ITALIA
Imprese italiane e cambiamenti climatici: si sottovalutano i rischi? Anche le aziende italiane stentano ad avviare strategie, processi e programmi per contrastare gli impatti dei cambiamenti climatici.
L'ente di certificazione internazionale DNV GL ha recentemente pubblicato un'indagine sul tema dell'adattamento e della resilienza ai cambiamenti climatici da parte del mondo delle imprese, coinvolgendone oltre 1.200 nel mondo.
L'indagine, condotta in collaborazione con l'istituto di ricerca GFK, ha evidenziato come le aziende su scala globale siano ancora impreparate ad affrontare la problematica. Non fanno eccezione le imprese italiane, che non spiccano per proattività.
Nonostante il 40% circa delle aziende del Bel Paese riconosca già gli effetti dei cambiamenti climatici su almeno una delle aree principali della propria attività (asset, operazioni, catena di fornitura o clienti e mercati) o se li aspetti nel breve termine, sono poche quelle che hanno già preso precauzioni.
I RISCHI CLIMATICI PIU' TEMUTI
Innalzamento delle temperature e ondate di calore (73%) in netta predominanza, tempeste e siccità (31%) e alluvioni (29%) sono gli eventi climatici più temuti dalle aziende del nostro Paese.
Seguono, a distanza, gli incendi (14%), l'innalzamento del livello medio del mare (12%), frane e smottamenti (11%) e acidificazione delle acque marine (5%).
AZIONI DI ADATTAMENTO
Solo due imprese italiane su dieci (19%; - 6% rispetto alla media globale) hanno già implementato iniziative di adattamento e resilienza al climate change, mentre il 14% le sta pianificando.
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