Roma, 29 settembre 2016 - Lo spreco alimentare non è solo un tema etico ma rappresenta un fenomeno che ha un impatto devastante sull'ambiente, l'economia e la società globale.
Ogni anno lungo la filiera mondiale dell'agroindustria si perdono 1,3mld di tonnellate di alimenti, dalla materia prima ai prodotti trasformati.
Un fenomeno che si traduce in gravissimi danni economici e ambientali, oltre 800 milioni di persone non sfamate e ben il 7% delle emissioni di gas serra mondiale prodotte.
Se non si indagano in profondità i tanti aspetti del fenomeno, difficilmente si può arrivare a risolvere i problemi che esso provoca.
Il messaggio arriva dalla giornata di studi "Il cibo prodotto, apprezzato, consumato, condiviso e che non si butta via", promossa dall'associazione culturale per l'informazione ambientale Greenaccord Onlus in collaborazione con Arsial (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l'Innovazione dell'Agricoltura del Lazio) in corso a Roma oggi nell'Aula Magna Augustinianum.
"È arrivato il momento di una seria riflessione sulla riconquista di valore, non solo economico ma anche etico e culturale del cibo" commenta il presidente di Greenaccord, Alfonso Cauteruccio. "Non solo gli attori delle filiere produttive e le catene di distribuzione ma ogni famiglia, soprattutto noi privilegiati residenti nel mondo ricco, è chiamato a ripensare i propri stili di consumo".
Un tema, quello dell'avvicinamento dell'eccedenza col bisogno, affrontato anche da Antonio Rosati, amministratore unico di Arsial (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l'Innovazione dell'Agricoltura del Lazio), che ha lanciato una serie di iniziative della Regione Lazio mirate all'educazione alimentare, fra cui 3 borse di studio da 5mila euro agli studenti degli istituti alberghieri, agrari e dei licei.
"Distribuire il cibo a chi non ne ha è un impegno che dobbiamo prenderci nei confronti dei 4,5 milioni di poveri che vivono in Italia. Per far ciò – afferma Rosati – bisogna cambiare il modo di consumare che ogni anno ci vede disperdere oltre 5mln di tonnellate di cibo per un controvalore di 12,6 mld di euro".
A fornire numeri e scenari mondiali sul fenomeno dello spreco alimentare è stata Marcela Villareal, direttrice Divisione partenariati, attività promozionali e Sviluppo della Fao, che ha ribadito la necessità di una rivoluzione culturale: "Il 44% della popolazione mondiale negli Anni '80 viveva in estrema povertà. Oggi è il 10%, nonostante questo ci sono ancora 800 milioni di persone che soffrono di fame cronica".
Per combattere queste realtà, spiega il rappresentante della Fao "serve promuovere grandi politiche sociali". Secondo uno studio dell'organizzazione Onu "un terzo del cibo prodotto al mondo viene perso durante il processo di produzione o sprecato durante la consumazione. Parliamo di 1,3 miliardi di tonnellate sprecate o perse ogni anno. Una quantità pari a quella che produce l'Africa in cibo".
Come contrastare questi dati? "Serve realizzare gli impegni dell'Agenda 2030 - continua Villareal – che prevedono il dimezzamento degli sprechi e l'introduzione di sistemi di monitoraggio all'interno dei singoli Paesi".
Per Francesco Maria Ciancaleoni, area ambiente e territorio della Coldiretti, "lo spreco di cibo rientra nel più ampio tema della gestione dei rifiuti e Il ruolo dell'agricoltura è fondamentale per contribuire alle riduzioni di gas serra.
In Italia la maggiore responsabilità è nel consumo visto che lì si contano il 54% delle perdite", ricorda il rappresentante della Coldiretti.
"Un modello efficace è quello di prossimità che prevede il riavvicinamento tra chi produce e chi consuma. Si tratta di un modello che porta vantaggi sociali e ambientali concreti in termini di riduzione degli sprechi".
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