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domenica 16 marzo 2014

La seconda rivoluzione industriale

La seconda rivoluzione industriale sarà anche biologica (se avremo buon senso).


E’ necessaria una seconda rivoluzione industriale per correggere gli errori della prima.

Chi era convinto che nessun impianto potesse raggiungere il rendimento del 100% è già stato smentito dal rendimento delle caldaie a condensazione dei fumi e dalle pompe di calore a gas, che superano rispettivamente il 100 e il 130 % ma possono ancora migliorare almeno del 10 se accoppiate alle (CCPC) capture cooling purification chimney e altri accorgimenti per il recupero del calore. Ma può essere smentito ancora di più per applicazioni ancora più importanti, non ancora note, soprattutto, nel settore ambientale ed energetico, dove i rendimenti sono bassissimi, ancora oggi (16 % termovalorizzatori da rifiuti, 30% centrali termiche a carbone, 40% centrali termiche a gas o gasolio; 50% centrali termiche con ciclo combinato) Collegando gli impianti ad altri impianti possiamo addirittura superare il 100%. Chi ha detto che il rendimento sia soltanto termico, meccanico, energetico, chimico, biologico? Negli impianti globali che sono ancora al palo, in attesa di essere compresi dai cervelli che governano il mondo (senza meritarlo, come dimostrano i vertici inconcludenti sulla protezione dell’ambiente), i vari rendimenti si sommeranno, anche se il lavoro di recupero lo proseguiranno aziende e gestori diversi, producendo nuova energia elettrica, chimica, biologica, che potrà ritornare al mittente o essere utilizzata diversamente. Con questo sistema possiamo utilizzare ai fini energetici anche il calore e il CO2 sprecato dalle acciaierie, cementifici, produttori di ossido di calcio. Il principio di Lavoisier (nulla si crea, tutto si trasforma) grazie alle sinergie, sarà applicato alla lettera con effetti positivi economici e ambientali, per il risanamento dell’aria, delle acque, dei suoli. Ogni cosa tornerà al proprio posto: i minerali alla terra e i carbonati ai mari, grazie anche alle acque piovane e superficiali messe a disposizione della natura, che dobbiamo imparare ad amministrare. Noi uomini moderni siamo fortunati, viviamo in un’era in cui la natura ha raggiunto un equilibrio quasi ottimale. Principalmente, siamo noi a provocare siccità, alluvioni, lo scioglimento dei ghiacciai, il rallentamento delle correnti marine, le eutrofizzazioni, le acidificazioni dei laghi e dei mari, non sapendo gestire le enormi risorse che la natura ci ha messo a disposizione. La nostra epoca è stata chiamata “antropocene” dal Premio Nobel per la chimica Paul Crutzen. Come tecnico che ha trascorso la vita tra impianti industriali e ambientali, da pensionato, non me la sono sentita di starmene a guardare di fronte agli allarmi lanciati dagli scienziati e faccio le mie proposte per neutralizzare sulla terra, negli impianti, gli sprechi di calore, SOx, NOx, CO, CO2 che producono piogge acide e gas serra. Molti nel mondo, più titolati del sottoscritto e con maggiori mezzi, stanno studiando gli stessi problemi, ma sono condizionati dagli obiettivi commerciali imposti dai propri datori di lavoro. Non potranno mai avere grandi risultati perché per proteggere l’ambiente, secondo le mie conclusioni, sono necessarie, soprattutto opere strutturali che oggi non esistono. E chi è specializzato in infrastrutture non è addentrato nelle tecnologie industriali e biologiche. La natura non ha previsto l’inquinamento antropico dell’uomo che deve provvedere da solo con opere complete. Non parziali come gli attuali sistemi depurativi delle acque e dell’aria, quando ci sono. In molti casi non ci sono. Queste opere potranno ospitare anche le soluzioni commerciali. Il grosso del lavoro dovranno farlo le opere pubbliche del futuro, che non sono quelle attuali. Dovranno essere progettate appositamente. Molti pensano che gli scienziati siano anche inventori e progettisti ma è raro che le cose coincidano. Gli scienziati e i ricercatori sono degli specialisti e con le specializzazioni raramente si tirano fuori le soluzioni multifunzionali necessarie, a meno che non si coinvolgano tecnici provenienti da diversi settori. Ma la storia degli impianti ambientali, energetici, industriali, agricoli, urbani è disseminata di opere incompiute, che nessuno ha saputo mettere insieme nell’interesse comune, senza sprecare risorse. Purtroppo, anche la storia contemporanea: gli impianti che finanziano la banca mondiale e la comunità europea, pur all’avanguardia, rispetto al resto del mondo, appartengono ancora a questa categoria. La scienza e la tecnica si sono fermate all’ingresso delle fogne e alla base delle ciminiere, se vi fossero entrate, le prime sarebbero diventate anche depurative e le seconde avrebbero riportato il CO2 sulla terra per neutralizzarlo nelle acque di scarico urbane, piovane, superficiali inquinate dall’agricoltura, aggiungendovi un poco di calcio che la natura ci mette a disposizione in grandi quantità per prevenire l’acidificazione dei laghi e dei mari. La stessa natura ha reso il CO2 più pesante dell’aria per farcelo catturare più facilmente con semplici ciminiere, insieme a una parte del calore che può aumentare ulteriormente il rendimento delle caldaie e dei digestori. Non c’è bisogno di costosi e ingombranti alberi artificiali a base di sali e nemmeno del C.C.S. (carbon capture and storage). Mentre gli scienziati ambientali continuano a studiare l’atmosfera e le profondità oceaniche, gli impianti termici fossili continuano a fornire l’85% di energia e il 100% dell’acciaio, cementi e a incenerire rifiuti. Le energie pulite con quel misero 15%, limitato soltanto al settore energetico, fanno il solletico ai grandi problemi ambientali del nostro tempo, visto che anche i sistemi depurativi sono inefficaci, nonché lontani dalla produzione dell’inquinamento. Non possono depurare anche i fumi, né prevenire l’idrogeno solforato e l’azoto ammoniacale che si forma nelle fogne e collaborano a emettere ancora più CO2 nell’atmosfera, ossidando e acidificando le acque in vasche a cielo aperto.

Senza essere condizionato da vincoli di mandato, dei datori di lavoro, anche un modesto tecnico impiantista, come il sottoscritto, senza mezzi economici, ha potuto sviluppare dei progetti globali di protezione dell’ambiente. Sapevo da molto tempo quello che non funziona. Il difficile è stato studiare nuove soluzioni, salvando il salvabile, per non farmi troppi nemici. Ma il sistema fognario deve essere cambiato, gli attuali depuratori vanno eliminati. Sono costretto a scontentare i vecchi e nuovi produttori di energia perché non posso fare a meno, in virtù del mandato su carta bianca auto conferitomi, di proporre un unico sistema, energetico, depurativo e protettivo dell’ambiente, in quanto produttore di concimi naturali per la terra, che si sta inaridendo, e acque alcaline per i laghi e i mari che si stanno acidificando. Evidentemente, ho scontentato anche le autorità mondiali dell’ambiente e dell’energia se a quindici mesi dalla pubblicazione, non rispondono. Qualcosa del sistema proposto avrebbe dovuto arrivare a qualcuno di loro, almeno al livello nazionale, regionale, comunale, sebbene siano lontani dai comuni cittadini. Le autorità ambientali sono disponibili a intervenire solo di fronte all’emergenza (vedi terra dei fuochi). Lontanissimi anni luce dal programmare un sistema industriale avanzato in protezione dell’ambiente, produttivo dei beni primari, in grado di occupare una quantità di persone pari all’attuale sistema industriale dei beni di consumo. In alcune sezioni, utilizzando le stesse tecnologie. Non sarei così esplicito nelle condanne della classe dirigente, se non avessi il computer pieno di articoli lanciati in rete, mail indirizzate a personalità varie. Ma il tempo è galantuomo e rimetterà a posto ogni cosa, se è vero che il popolo è migliore di chi lo governa. Almeno così dicono in molti.

 Io sono un tecnico e mi occupo solo di tecnologia. Saranno le sinergie a fare la differenza e renderanno l'energia non neutrale ma protettiva dell'ambiente. Non dovremmo estrarre dal sottosuolo più energia di quella che possiamo neutralizzare alcalinizzando le acque che vanno verso il mare. Il resto deve essere prodotto biologicamente sfruttando il calore disperso nelle acque e nei fumi. Oggi il calore non è recuperato perché i grandi impianti termici non sanno come utilizzarlo (a parte i fallimentari teleriscaldamenti, comunque non realizzabili universalmente). Più grandi sono gli impianti più difficile il recupero. Studiando i casi singolarmente, anche per i grandi impianti si potranno limitare i danni, come per le acciaierie, inceneritori, cementifici, produttori di ossido calcio. Questi ultimi, devono essere i primi a essere trasformati. Non è possibile che da 9000 anni, per ogni kg di calce prodotta emettiamo nell’ambiente circa 2 kg di CO2, oltre a SOx, NOx, CO, comprese le emissioni dovute al riscaldamento delle rocce calcaree e impurità (Il più antico manufatto rinvenuto, realizzato con la calce è una pavimentazione a Yiftah in Israele, che risale al 7000 a.C.). Le serre calcaree depositate con domanda di brevetto del sottoscritto il 19 /11/ 2012, utilizzano l’alta concentrazione del CO2 nei fumi catturati attraverso speciali ciminiere (CCPC) capture cooling purification chimney, per trasferirlo nelle acque sotto forma di carbonato, sottraendo a freddo gli ioni calcio al materiale calcareo e l’ossigeno all’aria. Possono interrompere questo danno ambientale e spreco millenario, trasformando perfino la produzione di energia, calcio, cemento e acciaio in processi favorevoli all’ambiente. Possiamo pulire anche l’energia geotermica che inquina come la fossile indipendentemente dallo sfruttamento. Nelle serre si abbattono anche i SOx NOx sfuggiti ai trattamenti di filtrazione. Il CO2 trasformato in carbonato è una grandissima risorsa, mentre nell’atmosfera è un gas serra. La combinazione con gli stagni biologici sovrapposti, inclusi nello stesso brevetto. potrà addirittura desalinizzare le acque del mare. Tutti aspettano che sia il legislatore a imporre le modifiche agli impianti termici per adeguarli, ma il legislatore non si muove soltanto in base alle invenzioni cartacee, pretende un oggettivo e riscontrabile avanzamento dello stato dell’arte. Le soluzioni globali sono di tutti ma, paradossalmente, nessuno le sa progettare e nessuno ne vuole parlare. Qualcuno provi a digitare su Google parole come “depurazione globale o energia protettiva dell’ambiente” Chi ne parla è un semplice pensionato che da solo non può accedere a nessuna forma di finanziamento pubblico, regionale, nazionale, europeo, mondiale. Non può nemmeno partecipare a un concorso pubblico sui progetti ambientali locali. Non si arriva all’energia protettiva dell’ambiente per una semplice intuizione. E’ stato necessario seguire l’inquinamento dell’acqua e dell’aria dalle origini, anticipando gli eventi degenerativi e le dispersioni energetiche chimiche e biologiche. Quello che non hanno fatto, fino ad ora, né gli impianti depurativi, né termici. Nulla deve essere lasciato al caso, soprattutto la posizione degli impianti. Hanno ragione le popolazioni locali a protestare per qualsiasi installazione sul territorio degli attuali impianti protettivi dell’ambiente, pur non sapendo proporre valide soluzioni alternative. Non sono entrato in Facebook e Linkedin per mettermi in discussione, poiché non sono nessuno, ma per far conoscere queste soluzioni, discuterle soprattutto con coloro che partecipano alla realizzazione di queste opere in quanto portatori di verità scientifiche, purtroppo incomplete, che non possono non danneggiare l’ambiente (vedi università locali). E’ necessario che l’esperienza della grande industria entri nelle università se queste vogliono fare consulenze ambientali. E' tardi per continuare a parlare soltanto di energia. Gli oceani hanno già perso il 30% di alcalinità e la desertificazione che già copre il 55% per cento delle terre emerse, avanza al  ritmo annuo di circa 12.000 Km2, mentre ai vertici mondiali si continua a parlare soltanto di quote di CO2 da ridurre e di nuove energie. Nessuno parla di soluzioni globali che accomunano l'energia alla protezione dell'ambiente. Le nuove energie, neutre, anche se sostituissero immediatamente il 100% dell’energia potrebbero fare poco contro il degrado già acquisito, se non diventeranno subito sinergiche e biologiche. E’ necessario sostituire, da subito almeno il 50% dell’energia fossile, con energia biologica, prodotta con lo stesso calore disperso dagli impianti termici esistenti. Gli attuali produttori di energia biologica non hanno ancora scoperto il potere delle sinergie. Infatti, si accontentano di piccole produzioni, trasformando gli agricoltori in produttori di energia, senza recuperare il calore, senza inviare carbonati ai mari, emettendo CO2 biologico invece che fossile, ricevendo anche loro i finanziamenti concessi alle rinnovabili, come il solare e l’eolico. Tutti felici e contenti, senza guardare oltre l’aspetto energetico. Saranno le sinergie accoppiate all'energia biologica che faranno la differenza, consentendo all’ambiente di non subire danni nel lungo periodo di transizione che vivremo per passare dall'energia fossile alle nuove energie, soprattutto a quella biologica. Fino ad ora non è stato possibile conciliare il fossile con il biologico perché le tecnologie biologiche non erano pronte. Spero che si costituiscano da subito associazioni di imprese per proporre e realizzare soluzioni globali in tutto il mondo,  ma i primi a comprenderle dovranno essere le università locali, che di fatto, costituiscono la progettazione pubblica nel mondo. Dovranno essere loro a indicare dove e come creare le infrastrutture e collocare gli impianti energetici e depurativi. Chi progetta impianti ambientali ed energetici nel mondo non ha compreso che questi impianti vanno progettati insieme. La struttura di base deve essere costituita dal territorio e dalle risorse naturali disponibili. Impianti naturali e artificiali devono essere collegati per realizzare impianti depurativi ed energetici globali. Nell’ambito di questi grandi impianti, ogni azienda potrà continuare a sviluppare la propria tecnologia. Se produttrice di biomasse energetiche, potrà usufruire di nutrienti acquatici e terrestri, calore, CO2 e restituire al sistema l’intera produzione o soltanto gli scarti di lavorazione digeribili. Se sarà un’azienda delle costruzioni civili potrà trovare lavoro nella costruzione di queste grandi opere al servizio dell’ambiente. La crisi di questo settore non si risolve soltanto costruendo appartamenti che non servono. Se sarà un’azienda del settore elettromeccanico, potrà crescere realizzando, impianti di ventilazione condizionamento, sollevamenti idraulici e meccanici, trasporti pneumatici e meccanici, nuovi sistemi automatici di lavorazione, semina e raccolto al coperto delle culture energetiche e alimentari. Altre aziende troveranno lavoro nelle gestioni e manutenzioni. Abbiamo creato enti inutili per la gestione delle acque e del territorio senza idee, fortunatamente, con pochi fondi, perché avremmo anche molte opere inutili in più, rispetto a quelle che abbiamo.

Le opere pubbliche strutturali sono sconosciute, oppure sbagliate (fogne, depuratori, ciminiere). Le riserve idriche, in montagna favoriscono le alluvioni e peggiorano la qualità delle acque. Devono essere sostituite con bacini e stagni biologici sovrapposti posti vicini agli impianti termici per eliminare arsenico, pesticidi, metalli pesanti, raffreddare turbine e condensatori, inviare carbonati ai laghi e ai mari. Ma le tecnologie sono cresciute ugualmente e gli impianti si possono modificare e collegare tra di loro azzerando gli sprechi. In questa riprogettazione virtuale ho dovuto eliminare o modificare gli elementi che impediscono la protezione dell’ambiente e il recupero delle risorse. Ho salvato l’energia biologica rispetto alle altre energie perché è l’unica che consente di recuperare il  calore, CO2 e nutrienti. Quello che resterà fuori dal ciclo infinito delle acque, del carbonio, azoto, zolfo, fosforo, sali minerali, ai fini energetici e alimentari, avrà un ruolo marginale nell'economia del futuro. Chiunque dovrebbe comprendere che un sistema che non spreca niente è anche economicamente valido, a prescindere dagli investimenti necessari per realizzarlo. Chi vuole mettermi in difficoltà mi chiede quanto costa? Come se si potesse mettere sullo stesso piano tre categorie diverse che hanno in comune soltanto un parametro: la produzione energetica. Ma si differenziano in moltissimi altri elementi: chi inquina, chi non inquina e chi addirittura protegge la terra i laghi e i mari, sostituendo anche gli attuali inutili depuratori. Chi mi pone queste domande dovrebbe chiedersi quanto ci costa la mancata protezione ambientale che non abbiamo fatto o abbiamo fatto sbagliandole dall’inizio dell’era industriale. Le soluzioni che propongo sono industriali e come tali vanno valutate caso per caso in funzione della produttività e del livello di automazione che si può permettere il paese committente. La cosa fondamentale per andare nella giusta direzione, poiché anche la direzione è stata sbagliata, e che non si disperda niente nell’ambiente e si può fare soltanto coprendo e collegando tra loro gli impianti. L’aumento di produttività energetica potrà avvenire anche in una fase successiva, allungando i digestori e i fabbricati serra e inserendo maggiore automazione.

Da subito possiamo partire per il lunghissimo periodo di transizione che affiancherà l’energia biologica a quella fossile (pulita) fino a quando le tecnologie non miglioreranno e tecnici ed economisti si accorgeranno da soli che non varrà la pena di estrarre e trasportare quella fossile, avendo la biologica a portata di mano, che assicura anche lavoro alle popolazioni locali. Da come si stanno sviluppando le biotecnologie può darsi che non dovremo aspettare molto (la produzione di microalghe in reattori tubolari, già oggi supera di dieci volte la capacità energetica per superficie esposta alla luce, rispetto alle produzioni di colture energetiche in campo). Ma per partire con il piede giusto è necessario da subito partire con le infrastrutture da affiancare agli impianti termici: Digestori che recuperano il calore contenuto nelle acque di raffreddamento LDDC (linear digester dehydrator composter,  ciminiere e fabbricati serra che recuperano i fumi e il CO2: CCPC (capture cooling purification chimney), serre calcaree VCLMG (vertical covered limestone mechanized greenhouse).

 Potremo coltivare al coperto, biomasse acquatiche digeribili attraverso gli stagni biologici sovrapposti e bioreattori tubolari trasparenti. Al fianco degli stagni potremo coltivare biomasse terrestri alimentari energetiche su terreno vegetale riportato. L’energia biologica, diventerà competitiva proprio grazie al recupero del calore e del CO2 sostenibile che si traducono in aumenti dei rendimenti e di prestazioni. Tramite questi impianti i posteri potranno scegliere quanto CO2 emettere nell’atmosfera perché il resto servirà a risanare i mari. La produzione di energia, compost, acque alcaline e cibo devono essere realizzata in questi grandissimi e lunghissimi stabilimenti industriali, che viaggeranno sempre affiancati per scambiarsi le rispettive produzioni, e gli scarti, affinché nulla vada sprecato. Queste saranno le nuove fabbriche del futuro, che oltre a creare lavoro, riporteranno l’ambiente allo stato in cui era prima dell’avvento dell’epoca industriale. Sono il primo a dire che non saranno belli da vedere ma se abbiamo accettato le ciminiere e i grattacieli, possiamo accettare anche queste innovazioni che creano lavoro e proteggono l’ambiente. Non vorrei rubare il lavoro anche agli architetti ma dico che potremmo addolcire la pillola creando dei giardini pensili sui tetti e tra i fabbricati dei viali alberati, con alberi veri, non artificiali, come propone qualche multinazionale.

 Il premio Nobel per la pace 2007 fu assegnato ad Al Gore e al comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici dell'ONU (I.P.C.C.) La motivazione fu: <<premiare i loro sforzi per costruire e diffondere una conoscenza maggiore sui cambiamenti climatici provocati dall'uomo e per porre le basi per le misure necessarie a contrastare tali cambiamenti>> E’ lecito domandarsi se merita più attenzione l’approfondimento dei problemi, oppure delle soluzioni? E’altrettanto lecito domandarsi se l’approfondimento scientifico dei problemi e gli stessi premi importanti non vengano utilizzati  strumentalmente, per continuare a finanziare le attuali soluzioni. Le alternative sono ignorate dagli addetti ai lavori e dalla stampa scientifica, persino dalle associazioni ambientali, senza scopo di lucro. Ma tutti parlano di protezione dell’ambiente da aumentare. Un vero dialogo tra sordi.   Personalmente, non mi aspetto il Nobel ma delle risposte da chi dice di voler salvare l’ambiente e da chi vuole risolvere i problemi del lavoro. Chi continua a finanziare e a realizzare le attuali fognature depuratori e ciminiere abbia almeno coraggio di difendere il proprio lavoro in un libero confronto. Non c’è bisogno di prototipi per dimostrare la validità di un sistema sinergico che sfrutta soluzioni in gran parte già realizzate. Infatti, i brevetti non rivendicano il vecchio ma il modo nuovo di metterli insieme in impianti molto più grandi e completi. I dettagli si potranno sempre migliorare. In un libero mercato le soluzioni commerciali e strutturali possono anche convivere ma quando si impiegano soldi pubblici per finanziare soluzioni commerciali e si impedisce la nascita di soluzioni strutturali più efficaci e che creerebbero lavoro, i conti non tornano. Chi fa queste scelte facendo finta di non conoscere soluzioni alternative, che in modo o nell’altro emergeranno ugualmente nel tempo di Internet, si gioca la reputazione, di politico, scienziato, tecnico, imprenditore. Sono molte le categorie coinvolte nel sistema GSP (Global synergy plants).

 I primi a non volere confronti con le soluzioni globali sono gli scienziati e i progettisti pubblici, che dovrebbero ammettere troppi errori, ma professionalmente, avrebbero tutto da guadagnare a imparare a gestire meglio l’ambiente e il territorio.

 Secondi in classifica sono i produttori delle vecchie energie, soprattutto a capitale pubblico: secondo loro rispettano le normative esistenti. Chi determina lo stato dell’arte per consentire al legislatore di emettere le normative? Sono proprio loro.

Terzi arrivano le associazioni degli imprenditori, incapaci di realizzare e nemmeno di riconoscere progetti globali nell’interesse comune per creare maggiore lavoro in Italia e all’estero.

Al quarto posto colloco i finanziatori dell’energie energie solari, eoliche come fonti alternative. Il mondo non ha bisogno di energia neutra ma di energia viva, che nutre la terra e restituisce i carbonati ai mari.

Al quinto posto ci metto gli attuali produttori di energia biologica, che ancora non hanno compreso le potenzialità protettive dell’ambiente di questa energia, sia per le quantità generabili, sia le potenzialità di sottrarre CO2 dall’ambiente, attraverso impianti progettati diversamente. Fino a quando non comprenderanno queste potenzialità l’energia biologica è sullo stesso piano del solare e dell’eolico: sottraggono risorse all’energia che proteggerà l’ambiente.

Seste arrivano le banche mondiali, europee, le associazioni filantropiche, che non finanziano studi e progetti di impianti sinergici tra energia e ambiente. Possibile che queste sinergie nel mondo intero la veda soltanto il sottoscritto?

 Settime sono le associazioni ambientali, che non spendono una parola sulla “depurazione globale e l’energia protettiva dell’ambiente” perché non rientrano nelle campagne finanziate dai loro sostenitori. Se non ne parlano, come fanno i loro iscritti a sostenere queste soluzioni? Le associazioni se volessero veramente proteggere l’ambiente, anche loro, dovrebbero organizzare progettazioni in proprio di ingegneria industriale e ambientale alternativa. Protestando soltanto, senza proporre soluzioni, come gli scienziati del clima e del mare, al massimo ottengono di giustificare i finanziamenti alle soluzioni che conosciamo e che non proteggono l’ambiente.

Ottavi, sono i costruttori edili che vorrebbero continuare a costruire strade e palazzi che non servono mentre le opere strutturali per proteggere l’ambiente non sono mai iniziate. Le opere idrauliche necessarie per la prevenzione di alluvioni e siccità in parallelo e non in sere con il naturale deflusso delle acque, insieme ai grandi digestori e fabbricati serra, saranno le opere edili più importanti del mondo.

Noni, sono gli industriali dei sistemi di trasporto interno meccanici e pneumatici, le automazioni industriali, che non sono mai entrati nella gestione dell’ambiente e dell’energia perché questi settori non sono mai stati industrializzati in nessuna parte del mondo. Questi industriali non sanno che nei fabbricati serra verticali c’è più lavoro di quanto ne abbiano mai svolto nell’industria. Lo stesso si può dire per i costruttori di pompe, ventilatori, che ci sono entrati ma le potenzialità sono centinaia di volte superiori. Anche le attrezzature agricole si dovranno adattare a lavorare trascinate dai sistemi di trasporti meccanici al coperto senza provocare scassi profondi nei terreni agricoli, che si potranno dedicare a colture non intensive.

Decimi arrivano i sindacati che vogliono difendere posti di lavoro che non servono alla comunità e agli imprenditori, mentre le fabbriche più grandi e potenti del mondo non sono mai state create. Loro non le hanno mai chieste ai governi e agli imprenditori perché non sanno che possono e devono esistere non solo per i lavoratori di oggi, ma soprattutto per quelli di domani. Quella che chiamo seconda rivoluzione industriale, produrrà più lavoro di quella precedente. Il lavoro non sarà mai obsoleto, producendo quotidianamente l’energia che serve sia per l’industria che per le altre attività, ma anche alimentazione e protezione ambientale per combattere la desertificazione, l’acidificazione oceanica e il riscaldamento globale. Senza sprecare niente, nemmeno quello che oggi chiamiamo inquinamento. A quale economia servono le scorciatoie energetiche e industriali attuali, se non a concedere in esclusiva a pochi le risorse fossili comuni, senza ricevere in cambio la più elementare depurazione con i relativi posti di lavoro che questa può creare. Queste mancate depurazioni, oltre a non creare lavoro innescano un processo irreversibile di acidificazione oceanica e desertificazione terrestre. I sindacati mondiali quali idee hanno per far lavorare e sfamare gli oltre nove miliardi di persone che popoleranno la terra nel vicino 2040? Anche i sindacati, come le associazioni ambientali e le banche mondiali, dovrebbero dotarsi di propri studi di progettazione industriali e ambientali per proporre le loro soluzioni industriali, per aiutare a crescere gli imprenditori in armonia con i lavoratori, non costringerli a scappare.

 Undicesimi sono gli economisti dell’economia globale che consentono di realizzare profitti entro poco tempo, senza creare lavoro e soprattutto, senza opere strutturali protettive dell’ambiente. Senza aver mai frequentato corsi di alta finanza, posso asserire che le opere strutturali di cui parlo e che nessun paese ha mai realizzato (anche gli economisti più aperti alle innovazioni ignorano queste innovazioni tecniche che stanno già emergendo attraverso i fabbricati serra verticali, in vari paesi), saranno le fondamenta per costruire un’economia sana e duratura. Le attività produttive di beni di consumo industriali si possono e si potranno sempre spostare da una nazione all’altra, mentre quelle inserite in opere strutturali che consentiranno di prevenire siccità e alluvioni depurando le acque e l’aria, producendo energia biologica, cibo, concimi per la terra e carbonati per i mari, faranno per sempre parte del patrimonio nazionale anche se vi parteciperanno capitali stranieri. Queste opere che non si possono spostare faranno paura agli avventurieri del capitale ma attireranno gli investitori più prudenti, che pensano anche al futuro dei propri figli. Agli economisti vorrei chiedere di fare bene conti se conviene di più estrarre, a tutti i costi, il metano dal sottosuolo e dalle profondità oceaniche, oppure produrlo quotidianamente per quello che serve, insieme ai concimi della terra, la depurazione dell’aria, dell’acqua, creando lavoro e pace sociale, in un sistema non legato solo alle leggi del mercato ma ai cicli naturali del carbonio, azoto, zolfo, fosforo, attraverso opere strutturali e industriali complete, senza barare, con chiusure affrettate dei cicli, come fanno tutt’ora. Non mi risultano studi completi di protezione ambientale, produttivi  e energetici come quello che propongo né da parte dell’ONU, né dalla Banca mondiale, né dalle varie associazioni mondiali. Le sole fabbriche che non sono mai state realizzate nel mondo sono proprio quelle che non potranno mai fallire, legate industrialmente e indissolubilmente al ciclo della vita degli uomini e della natura. Queste è una grande contraddizione non solo per gli economisti ma per tutte le categorie interessate: associazioni ambientali, sindacati, industriali, politici. I progressi tecnologici che avverranno non stravolgeranno il progetto generale, aumenteranno soltanto la produzione. I paesi con maggiori risorse realizzeranno impianti globali con maggiori automazioni che miglioreranno la qualità della vita. Quelli con minori risorse si dovranno guadagnare le automazioni con maggiore mano d’opera ma non saranno messi in discussione i risultati ambientali, né quelli energetici e alimentari. Non tutti possiamo viaggiare alla stessa velocità, ma le regole devono essere comuni. L’inquinamento prodotto in un paese danneggia anche i paesi confinanti e senza opere strutturali l’inquinamento non si può contenere. L’economia in contrasto con la protezione dell’ambiente (non con le norme attuali che non possono essere completate, senza i sistemi di depurazione globale) è un’altra disciplina incompleta.

Dodicesimi a pari merito, i Presidenti del consiglio, i ministeri dell’ambiente e delle attività produttive. Non posso usare il singolare perché negli ultimi tempi, in Italia, cambiano dopo pochi mesi. Il sistema GSPDPTC (Global synergy plants for depuration, biomass production and thermoelectric cogeneration) con il nome italiano DCPTCG (depurazione cogenerazione produzione termoelettrica coperta globale) ha ricevuto a pieni voti il riconoscimento delle caratteristiche di brevettabilità internazionali dall’ufficio brevetti europeo: Novità, inventiva, applicazione industriale. Hanno ricevuto lo stesso riconoscimento anche gli elementi principali citati nell’articolo CCPC. LDCC, VSB. Sebbene non sia facile ottenere questi riconoscimenti, non mi sono meravigliato di averli ottenuti, perché nel mondo non esiste ancora la cultura della protezione globale dell’ambiente per colpa delle specializzazioni degli uomini e delle aziende. Anche se queste invenzioni arrivano con molto ritardo, dopo che il pianeta ha subito danni irreparabili, i governi, le aziende, e le categorie interessate, sopra menzionate, per ragioni diverse, ancora non sono pronti ad accoglierle, nonostante le conseguenze dei cambiamenti climatici aggravino i danni e i costi che pagheremo per ogni ora di mancato intervento. Il sistema GSPDPTC ha anticipato tutti mettendo insieme in un solo progetto le diverse tecnologie che si stanno sviluppando nel mondo, non ingabbiandole, ma concedendo loro di crescere meglio, senza partire da zero. Consentendo alle aziende di sfruttare, a costo zero, energie termiche, nutrienti messi a disposizione da altre aziende che risparmiano costi di raffreddamento e di depurazione. Chi dovrebbe coordinare questi progetti e queste attività, se non i ministeri dell’ambiente e delle attività produttive? Lo chiedo a chi può rispondere. Non so chi sia, avendo perso ogni punto di riferimento, raccogliendo da anni soltanto silenzi. Probabilmente, quando qualcuno nel mondo lo capirà sarà tardi per la crescita italiana.

 I combustibili fossili, con tutti i loro difetti ci hanno portato allo stato attuale di civiltà ma oggi in molti casi non sono più indispensabili, e quando lo sono li dobbiamo usare nel sistema GSP neutralizzando l’inquinamento che producono e utilizzandolo in favore dell’ambiente.

E’ necessario che chi ci governa risponda a questa semplice domanda: tra un combustibile  confezionato, da pulire e uno fatto in casa creando lavoro, senza indebolire la bilancia dei pagamenti, quale è il migliore? Nel conto, dovrebbero mettere anche i costi che sprechiamo degenerando i fanghi nelle fogne; depurando le acque degenerate in vasche a cielo aperto; costi dell’inquinamento prodotto per l’estrazione e il trasporto dei combustibili; i costi e i danni provocati dalle mancate depurazioni delle acque di scolo agricole, degli sprechi termici, i costi per la costruzione di opere e fabbriche inutili realizzate in base a previsioni di mercato sbagliate, i costi degli incentivi concessi a energie semplicemente pulite, magari realizzate con componenti di fabbricazione estera, addossandoci gli oneri di smaltimento, ma soprattutto producendo poco lavoro senza proteggere direttamente l’ambiente con depurazioni, alcalinizzazioni e concimi legate al sistema energetico. Non abbiamo i soldi per grossi investimenti, ma abbiamo almeno i soldi per proporre le nostre invenzioni all’estero? Dove gli investimenti saranno minori non avendo ancora fatto i nostri stessi errori? Il ministero dello sviluppo economico e attività produttive fa la pubblicità in radio e televisione per depositare brevetti e poi è il primo a non riconoscere quelli che potrebbero dare una svolta all’intero paese, trascinandosi appresso molte attività industriali. Non tutti i brevetti sono uguali, alcuni sono strategici per l’intera economia. Se non li sanno riconoscere nei ministeri competenti e in Confindustria, per richiamare all’ordine imprenditori pubblici e privati dalla vista corta, è meglio chiudere per fallimento l’impresa Italia, che ha già perso le maggiori industrie, e lasciare spazio alle opposizioni che vorrebbero la “Decrescita Felice”. Personalmente, dovrebbe essere chiaro, sono l’inventore dell’industrializzazione della protezione dell’ambiente, che mi piacerebbe condividere con gli italiani, non per decrescere ma per crescere. Ma mi sto anche attrezzando per trovare all’estero gli interlocutori che non trovo in Italia. Se non si uniscono le competenze degli uomini non si possono unire le competenze delle aziende,  non si possono recuperare le risorse, non si può proteggere l'ambiente. Una cosa così semplice sembra fantascienza nel mondo moderno.

Luigi Antonio Pezone

 

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