Roma, 14 aprile 2016
Il consumo del suolo è una piaga che procede al ritmo di 55 ettari al giorno, 7 metri quadrati al secondo, tanto che la superficie impermeabilizzata in modo irreversibile del nostro terreno è passata dal 2,7% degli anni Cinquanta al 7% del 2014. Questo, oltre che per lo sprawl urbano, avviene principalmente a causa delle infrastrutture di trasporto, che secondo l'Ispra pesano per il 41% del totale.
Le infrastrutture stradali, infatti, provocano ulteriore deterioramento del territorio poiché frammentano spazi che poi sono difficilmente recuperabili. L'obiettivo di monitorare e trovare una soluzione economica, ambientale e sociale al fenomeno è stato alla base della ricerca condotta dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell'Università di Perugia, promossa dalla Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza Geometri (CIPAG) e presentata oggi al Senato della Repubblica, e che ha riguardato cinque casi studio (svincoli di Orte, Seriate, Val Vibrata, Capalbio e Ponte San Giovanni).
Casi concreti dai quali si è arrivati ad una proiezione concernente gli svincoli afferenti a due grandi arterie (la prima autostrada, la A1 e la prima superstrada, la E45) e gli svincoli dell'intera rete autostradale italiana. Dai risultati dell'analisi, ottenuti tramite l'utilizzo di software GIS (Geographic Information System) emerge che la superficie "libera" relativa agli svincoli dell'A1 è di 108 ettari, mentre quella della E45 è di circa 88 ettari. La stessa metodologia è stata applicata per stimare la superficie dell'intera rete autostradale italiana, pari a 1.413 ettari di superficie libera e generatrice di costi, che con i progetti in questione potrebbe essere messa a reddito.
All'appuntamento è intervenuto anche il sindaco di Torino e presidente dell'Anci, Piero Fassino, per il quale: "Quello presentato oggi è un ottimo progetto che cercheremo di estendere ai Comuni collaborando con la categoria dei Geometri, ma servirebbe prevedere convenzioni con gli enti locali all'interno della legge sul consumo del suolo". Per Fassino, infatti, "si dovrebbero prevedere norme per disciplinare la pulizia delle strade e l'inquinamento acustico derivante dalla viabilità, sia per le infrastrutture di competenza dello Stato che per quelle di competenza degli Enti Locali. Oggi purtroppo la legge disciplina solo il territorio di competenza dello Stato, ma quello gestito dai Comuni intorno alle infrastrutture viarie è in termini di estensione e investimenti, almeno della stessa entità", ha concluso.
La proposta è stata accolta da Luciano Agostini, deputato Pd segretario della Commissione Agricoltura, che sta lavorando alla legge sul consumo del suolo: "C'è il mio impegno ad accogliere la proposta dell'Anci di comprendere anche le aree di competenza degli enti locali e non solo dello Stato nell'attuale legge sul consumo del suolo. Andremo a modificare i commi 3 e 5 del primo articolo in aula alla Camera dove la legge dovrebbe arrivare tra fine aprile e inizio maggio"
E' arrivato anche il messaggio di Ermete Realacci, deputato Pd primo firmatario della legge sul consumo del suolo. "Essa persegue l'obiettivo di ridurre drasticamente il consumo di territorio anche incentivando il riuso e la rigenerazione urbana e - spiega - una logica analoga mi sembra abbia guidato Cipag e Università di Perugia nel progetto che oggi presentate per un Modello di sviluppo delle aree infrastrutturali per l'utilizzo e la riqualificazione degli spazi interclusi dagli svincoli stradali. Un progetto nato dal "basso" che propone soluzioni per valorizzare e ripristinare aree che finora erano state solo oggetto di sfruttamento. Che in nome del futuro coniuga funzionalità, nuove domande e bellezza"
"Il tema al centro di questa iniziativa è quello ormai diventato non più procrastinabile del 'consumo del suolo' - dichiara Fausto Amadasi, Presidente Cassa Italiana Previdenza e Assistenza Geometri (CIPAG) - e se è possibile affrontare questo problema con sufficienti margini di successo nella programmazione urbanistica, con il recupero dei siti e delle aree già antropizzate e con la rigenerazione delle aree e dei fabbricati esistenti, non possiamo non occuparci anche delle infrastrutture di cui, come paese, siamo molto carenti. Queste infrastrutture - prosegue - normalmente sono particolarmente 'bulimiche' di consumo di territorio, tanto per le sedi specifiche quanto soprattutto per le aree accessorie per la distanza di sicurezza e per lo sviluppo degli svincoli e dei tracciati. Con il contributo determinante del Professor Frascarelli e del team che ha messo in campo il Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università di Perugia abbiamo voluto pertanto dare un contributo di analisi del problema per ricercare soluzioni che potessero coniugare gli obiettivi di rispetto dell'ambiente e quelli estetici e funzionali di queste porzioni di territorio, spesso abbandonato o sottoutilizzato, con quelli di sostenibilità economica e del corretto utilizzo senza inutili sprechi" conclude Amadasi.
"Abbiamo lavorato a stretto contatto con la Cipag e sempre con l'obiettivo di rendere immediatamente applicabile la nostra ricerca", spiega il professor Angelo Frascarelli, Professore di Economia e Politica Agraria e Sviluppo Rurale che ha condotto la ricerca. "Infatti – aggiunge – sulle aree oggetto di questo studio che coniuga produttività e sostenibilità ambientale, abbiamo ipotizzato progetti concreti che possono aiutare le imprese, la pubblica amministrazione, i lavoratori, l'ambiente e i cittadini. Ora dobbiamo solo metterli in pratica".
Alla presentazione del progetto è intervenuto anche Umberto Del Basso De Caro, Sottosegretario Ministero Infrastrutture e dei Trasporti, per il quale "tramite Anas e Agenzia del Demanio su questo progetto ci potrebbe essere adesione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti".
Per Roberto Reggi, Direttore Agenzia Demanio "il federalismo demaniale permette ai Comuni di richiedere allo Stato le aree residuali per i progetti di riqualificazione. Quello demaniale è uno dei pochi esempi di federalismo che funziona"
Ad aprire i lavori è stato Maurizio Savoncelli, Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati – CNGeGL, per il quale questa è "una iniziativa che ha per oggetto l'individuazione, il recupero e la valorizzazione delle aree residuali e funzionali al sistema infrastrutturale, che apre a obiettivi più virtuosi e riferibili alle altre realtà locali".
Sono intervenuti anche Bernardo De Bernardinis, Presidente Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ISPRA; Massimiliano Atelli, Presidente del Comitato per lo Sviluppo del Verde Pubblico del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; Guido Perosino, Responsabile Rapporti con i Ministeri e gli Enti Territoriali – ANAS. Sui progetti di ricerca, da parte dell'Università di Perugia, a parte il professor Angelo Frascarelli, Professore Economia e Politica Agraria e Sviluppo Rurale, sono intervenuti: David Grohmann, Docente di Gestione Tecnica del Paesaggio; Eleonora Mariano, Collaboratrice del Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Ambientali e Lucia Rocchi, Docente di Economia e Politica Agroalimentare.
Oggi, la cura dell'intera rete autostradale genera un costo di circa 1,1 milioni di euro ogni anno, con 10.000 ore lavorate che non producono nessun valore aggiunto. L'iniziativa in questione propone cinque progetti concreti e alternativi per la gestione delle aree "incluse" negli svincoli autostradali:
1. piantagioni per la produzione di biomassa legnosa;
2. piantagioni per la produzione di legname da opera;
3. isole di conservazione della biodiversità vegetale;
4. isole di bellezza paesaggistica;
5. centri per la produzione di energia fotovoltaica.
Ciascuno dei cinque progetti porterebbe vantaggi di diverso tipo: ambientali, occupazionali, economici.
Vantaggi ambientali
Con i progetti di piantagione di biomassa e di legname da opera (progetto N°1 e progetto N°2) sulle aree interne agli svincoli di A1 ed E45, la compensazione di CO2 annua sarebbe rispettivamente, per le piantagioni di biomassa per l'A1 pari a 1.800t e per la E45 pari a 1.231t e per il legname da opera per l'A1 pari a 550t e per la E45 pari a 336t. Nel caso di realizzazione di piantagioni per la produzione di biomassa legnosa sull'intera rete autostradale il valore sarebbe pari a 24.837t di CO2/anno.
Allo stesso modo, nel caso si scegliesse la produzione di energia fotovoltaica (progetto N°5), si eviterebbe l'emissione in atmosfera di 8.350t e 3.462t di CO2/anno per gli svincoli dell'A1 e della E45 e di 114.725t di anidride carbonica sull'intera rete autostradale, poiché si ridurrebbero le ben più inquinanti emissioni derivanti da fonti fossili.
Vantaggi economici
Attualmente nelle due aree oggetto della ricerca i costi di manutenzione ammontano a 83.833 euro e 61.723 euro, mentre il costo di gestione degli svincoli dell'intera rete autostradale ammonta a 1,1 milioni di euro. Tramite questi progetti si potrebbero avere delle significative migliorie.
Nel caso dell'intera rete autostradale, i costi rispetto allo status quo, sarebbero così ripartiti:
- 735.000 euro nel caso della produzione di biomassa (415.000 euro di minori costi);
- 110.000 euro nel caso della produzione di legno (1.000.000 di euro di minori costi);
- 995.000 euro nel caso delle isole di biodiversità (155.000 euro di minori costi);
- 900.000 euro nel caso delle isole di bellezza paesaggistica (250.000 euro di minori costi);
- nel caso del fotovoltaico, invece, si potrebbe avere un risultato economico positivo di 2.500.000 euro circa, anche se si perderebbe qualcosa dal punto di vista estetico. Infatti tra i 12.000 soggetti intervistati nella ricerca emerge che l'ipotesi di realizzazione di centri per la produzione di energia fotovoltaica sarebbe, insieme allo status quo e all'ipotesi di produzione di piantagioni per la produzione di biomassa, il progetto meno gradito.
Vantaggi occupazionali
Attualmente la semplice manutenzione sull'intera rete autostradale comporta 10.000 ore di lavoro, che però non producono valore aggiunto, mentre nelle due aree oggetto della ricerca le ore di lavoro annuali ammontano rispettivamente a 750 ore per la A1 e 930 ore per la E45.
Se, invece, sulle superfici interne agli svincoli di tutta la rete autostradale fossero sviluppati centri per la produzione di energia fotovoltaica, si arriverebbe a 40.000 ore lavorate ogni anno, un valore quattro volte superiore a quello attuale, mentre sarebbero 21.000 le ore lavorate nel caso delle "isole di biodiversità".
Sulle due arterie considerate, invece, sarebbero rispettivamente circa 3.000 e 4.500 le ore lavorate per il fotovoltaico e 1.600 e 2.400 le ore lavorate per la realizzazione di isole di conservazione della biodiversità.
Qui un video con l'illustrazione grafica dei progetti
Qui la presentazione della completa
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