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Secondo i più recenti dati disponibili forniti dall’Inea (Istituto nazionale di economia agraria), nel 2012 gli occupati nel settore agricolo in Italia erano 849mila. Gli occupati complessivi nello stesso anno erano 22 milioni e 899mila. Solo il 3,7% della popolazione fornisce cibo a tutto il resto degli italiani. Nel 1950 gli occupati in agricoltura ammontavano a 8,6 milioni, quasi un italiano su cinque lavorava nei campi, uno su due di quelli occupati. A rendere più sensazionali questi dati concorre il fatto che ancora oggi, benché lo stato di salute del settore non sia ottimo, l’agricoltura è in grado di muovere un giro d’affari del valore complessivo di 252 miliardi di euro, pari al 17% del Pil nazionale. Inoltre i nostri prodotti agroalimentari continuano a essere uno dei migliori biglietti da visita. Insieme al patrimonio culturale sono la parte di identità nazionale che ogni cittadino sente più genuina.
La politica agricola italiana dei decenni passati ha favorito uno sviluppo inverso rispetto ai bisogni sociali e perfino alla domanda espressa dal mercato. Profondamente indebolito da scelte che fra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso hanno privilegiato lo sviluppo industriale, anche all’interno di aree che non hanno mai preso quota, il nostro comparto agricolo è stato poi affossato dalle dinamiche europee. L’abbandono dell’agricoltura ha portato con sé anche il venire meno di un importante presidio, favorendo la scomparsa di preziosi insediamenti rurali che punteggiavano gran parte della Penisola e di numerose pratiche mediante le quali i contadini si prendevano cura del territorio.
Expo 2015 per l’agricoltura del nostro paese, potrebbe essere l’occasione straordinaria, per riconquistare il giusto peso e il giusto ruolo. La qualità, i sapori, il gusto dei nostri prodotti e la biodiversità da cui derivano non possono continuare a essere protagonisti solo di spot e slogan ad effetto o di cooking show. Più di ogni altro settore, l’agricoltura può diventare portatrice di valori: un’ agricoltura italiana etica in un mondo dove l’economia non sembra più averne. Può guidare un autentico cambiamento rispondendo alle esigenze del bene comune piuttosto che a criteri speculativi.
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Fonte www.rivistanatura.com
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