Walter
Righini: secondo il nostro recente studio gli incentivi per certi
impianti arrivano al 100% del valore della produzione e in alcuni casi
anche oltre il 200%. Non sono più incentivi ma assistenzialismo di
Stato.
Milano 15 ottobre 2015. FIPER, alla
vigilia del passaggio in Conferenza Unificata riguardo il nuovo Decreto
Ministeriale per la promozione delle rinnovabili elettriche diverse dal
fotovoltaico fissato per il prossimo 20 ottobre, scende in campo per contrastare la richiesta del Comitato Energia Biomasse EBS (17 operatori produttori di sola energia elettrica da biomassa) che sta facendo forti pressioni sul Governo affinché non venga ridotto il valore dei Certificati Verdi e non solo.
Il DM in questione con la sua entrata in vigore, a
partire dal 1° gennaio 2016, avrebbe come risultato quello di un
decremento di circa il 30% del valore dei certificati verdi- CV
riconosciuti alla produzione di energia elettrica da biomassa legnosa
che passerebbero così dal valore unitario attuale di 124 Euro a circa 80
Euro.
FIPER invece segnala che i produttori di energia termica da fonte rinnovabile,
in particolare i gestori di teleriscaldamento a biomassa legnosa, sono
da tempo in attesa sia dell’attivazione del previsto fondo di efficienza
energetica che include anche il fondo di garanzia per l’ampliamento
delle reti di teleriscaldamento, sia del nuovo conto termico. Al momento gli incentivi riconosciuti agli impianti di teleriscaldamento a biomassa, sono i titoli di efficienza energetica, che però una proposta di revisione del Ministero dello Sviluppo Economico vorrebbe completamente eliminare.
Ma c’è di più. Dall’entrata in vigore della legge
di stabilità 2008, che ha riconosciuto i Certificati Verdi e un
coefficiente moltiplicativo k=1,8 per la sola produzione di energia
elettrica da biomasse legnose, si è verificata nel mercato di
approvvigionamento della biomassa una concorrenza “sleale” tra i diversi
utilizzatori della stessa (produzione di elettricità e di calore), con
l’effetto di far “lievitare” il prezzo della biomassa legnosa, creando
vere e proprie rendite di posizione a favore delle centrali incentivate.
A tal punto che FIPER nel 2013 si era rivolta all’Autorità Antitrust
che ha riconosciuto tale disparità di trattamento legata al
riconoscimento degli incentivi tra i diversi utilizzatori inviando al
Governo una segnalazione (S1820) ed invitandolo ad intervenire affinché
venisse “corretta” la distorsione della concorrenza nel mercato delle
biomasse legnose. Tale segnalazione è rimasta sinora disattesa.
Per queste ragioni fondate su una disparità di trattamento inaccettabile, FIPER,
a partire da luglio 2015, ha condotto uno studio su un campione di 5
imprese produttrici di sola energia elettrica da biomassa aderenti al
comitato Energie Biomasse Solide EBS, che rappresentano circa l’80%
della potenza installata (121 MWe) analizzando i dati dei Bilanci del
periodo 2010-2014 disponibili presso le Camere di Commercio, per meglio
capire l’incidenza degli incentivi sull’economia di queste imprese. Da sottolineare che FIPER aveva richiesto già nel 2014 al Ministero delle Politiche Agricole la l’elenco degli impianti che beneficiavano del coefficiente K=1,8 ma in nome della legge sulla privacy si era vista negare l’accesso a tali dati nonostante gli incentivi riconosciuti siano pubblici!
“Ciò che emerge è sconcertante – sottolinea Walter Righini, Presidente FIPER – perché dall’analisi dei dati di Bilancio di queste 5 aziende si evince che, a
fronte di un valore di produzione (vendita di energia) l’impatto
dell’incentivazione (ovvero certificato verde + fattore moltiplicativo
k=1,8 o k=1,3) rappresenta una percentuale superiore al 100% del valore
della produzione stessa e in alcuni casi anche oltre il 200%, oltretutto
con una distorsione allarmante: al ridursi del valore base
dell’energia, aumenta l’incentivo (CV moltiplicato per il coefficiente
k=1,8). Ciò a testimoniare come da un punto di vista produttivo questi
impianti, capaci di un rendimento netto non superiore mediamente al
30-32% per la sola produzione di energia elettrica senza l’utilizzo del
calore comunque prodotto ma dissipato in barba all’efficienza
energetica, non siano economicamente sostenibili se non attraverso un
“ingente”, ingiustificato e distorcente incentivo”.
Dai bilanci esaminati, nel
2014, risulta che mediamente è stato riconosciuto, a fronte di un
valore medio di energia elettrica venduta di 0,066 Euro/kWh un incentivo
pari a 0,123 Euro/kWh (+ 190% rispetto al valore dell’energia
elettrica) e dunque ogni MW elettrico ha ricevuto in media 860 mila Euro circa di incentivo/annui. Attualmente i 450 MW elettrici (dati Terna 2011- produzione energia elettrica da biomassa solida) avrebbero
beneficiato, secondo i nostri calcoli, di circa 390 milioni di
Euro/annuo. Chiediamo conferma al Gestore dei Servizi Energetici
riguardo il valore degli incentivi complessivi riconosciuti alle
biomasse solide.
Inoltre
per questi impianti la maggioranza degli approvvigionamenti di biomassa
è avvenuto attraverso la definizione di accordi quadro anziché
l’acquisizione in filiera corta anche in considerazione dei grandi
quantitativi di cui necessitano e non presenti nei vari mercati locali. FIPER
ricorda che per una potenza di 1MW di energia elettrica necessitano
15.000 tonnellate di biomasse all’anno. A titolo di esempio, un
impianto di un 20 MW elettrici ha bisogno di 300.000 t./annuo.
Se questa biomassa fosse prodotta in coltivazioni dedicate (medium rotation forestry) con una produzione tal quale di 40 tonnellate per ettaro/anno, si
avrebbe bisogno di un’estensione corrispondente a 75 km di lunghezza
per 1 km larghezza dedicata a tal fine da moltiplicare per la durata di 5 anni
al fine di garantire la continuità dei rifornimenti per il periodo di
durata della medium rotation. Se questa biomassa invece, derivasse dalla
manutenzione boschiva italiana, sarebbe ancora più difficile garantire
quantitativi idonei visto che il prelievo stimato a livello nazionale è
di a 0,71 m3/ettaro/annuo rispetto ad una media europea di 2,39 m3/ettaro/annuo (Fonte EUROSTAT 2013). Altro che filiera corta!
Dall’analisi
dei bilanci, risulta poi un caso in cui sono stati registrati ingenti
costi derivanti dalla gestione navi e sdoganamento merci; e quindi, come
già avvenuto nel caso del fotovoltaico, buona parte degli incentivi è
finita all’estero.
Secondo
FIPER dunque l’entrata in vigore del Nuovo DM FER diverso da
Fotovoltaico potrebbe rappresentare un punto di svolta perché la
riduzione del valore dei certificati verdi da 124 euro a 80 potrebbe
determinare un riequilibrio tra i diversi utilizzatori nel mercato di
approvvigionamento locale delle biomasse legnose e limitare la
distorsioni della concorrenza, in considerazione del fatto che il costo
della biomassa rappresenta il 50% del totale dei costi sia per la
produzione di energia elettrica che termica, con la differenza
sostanziale che sinora solo gli impianti produttori di energia elettrica
hanno beneficiato di tale incentivo.
“Questi dati – conclude ancora Walter Righini
- dimostrano quanto e in che misura le centrali di teleriscaldamento a
biomassa abbiano subìto nel corso del periodo analizzato la pressione
sul mercato di approvvigionamento delle biomasse legnose, dovendo
competere con le centrali elettriche a biomassa che godono, come
dimostrato con i dati da noi elaborati , di ingenti incentivi. A nostro
avviso gli incentivi dovrebbero essere riconosciuti in base al
quantitativo di biomasse utilizzate realmente in filiera corta, e
comunque con un tetto non superiore al 70% del valore dell’energia
prodotta, ad ogni utilizzatore della biomassa a fini energetici
Non
si può pensare di continuare a rilasciare incentivi notevolmente
superiori al valore del bene prodotto, perché in questo caso non si
tratta più di incentivi ma di un vero e proprio incomprensibile
assistenzialismo a favore sempre e solo dei soliti noti”.
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